Cameron ha vinto, ma non potrà governare

di Giacomo Lagona

Come da copione i conservatori hanno vinto senza problemi con 306 seggi contro i 258 dei laburisti e i 57 del flop liberal-democratico. Nel discorso di ieri pomeriggio Brown ha ribadito che continuerà a lavorare per il Paese, ma si è detto disponibile a formare un governo assieme a Clegg se Cameron non dovesse arrivare ad un accordo con i liberal: è un loro diritto-dovere farlo. In questo momento i Labour alleandosi con i Lib-Dem di Clegg arriverebbero a 315 seggi, quindi ben lontani dai 326 indispensabili per avere una maggioranza in grado di governare senza problemi. Inoltre, una maggioranza Brown non l’avrebbe nemmeno se si alleasse con qualunque dei partiti minori, quindi sarebbe comunque ben distante dal governo forte che avrebbero bisogno oggi gli inglesi. Ma non è questo fondamentalmente il punto. Il punto è che Cameron ha vinto, e pur senza maggioranza deve provare a governare.

Dopo il discorso di Brown è toccato al leader dei Tories andare davanti alle telecamere e parlare agli inglesi. Il suo discorso è stato corretto, onesto e preciso: ha sostanzialmente avvisato Clegg che un accordo con loro è sempre possibile ma solo a determinate condizioni. E cioè rispettare in toto il programma dei conservatori così com’è senza cambi o alterazioni di nessun genere; senza cambiare una virgola sulla politica europeista e sull’immigrazione, temi lontani dal programma dei Lib-Dem. Ha difeso il maggioritario secco ed ha abbozzato l’idea di formare una commissione apposita in grado di proporre alternative all’attuale sistema elettorale. Ha fatto intendere che andrà avanti anche con un governo di minoranza, e questo vuol dire che ogni volta dovrà andarsi a cercare i voti per far passare qualunque cosa. E’ dura in questo modo, però Cameron ha un arma in più: il Primo Ministro può decidere di indire elezioni anticipate in qualsiasi momento. Quindi se vede che la partita è persa in partenza gli rimarrà sempre la carta delle elezioni per cercare di ribaltare tutto alle urne.

C’è un problema però: al prossimo vertice dei Labour, Gordon Brown cederà il posto a David Milliband. Questo è uno svantaggio per i Tories perché Milliband – attuale Ministro degli Esteri – come capo dei Labour è un osso duro da battere e da manipolare. Insomma, non è Brown e Cameron ne è consapevole, quindi starà molto attento alle mosse da fare nei prossimi mesi/anni.

Il mio parere è sempre quello di qualche giorno fa: Conservatori e Liberal-Democratici alleati nel formare un governo di coalizione che duri il tempo necessario per rafforzare Cameron come Primo Ministro e i conservatori come prima forza del Paese. Dopo si vedrà.

Update 18.30.

Facendo un excursus tra i giornali nazionali prima e dopo le elezioni, non si può non notare come per l’ennesima volta noi italiani ci entusiasmiamo per le novità, siano di casa nostra che estere. Qualche giorno fa la Stampa pubblicava un articolo – “Tutti pazzi per Clegg” – sugli uomini e le donne del PD innamorati dell’uomo che ha portato alla sconfitta i Lib-Dem:

«Siamo in tanti dentro il Pd, Clegg è una novità anche per l’Europa, considerato il suo profilo non solo riformatore ma anche profondamente europeista». Il gruppo, guidato da Enzo Bianco, è composto da figure come Franco Bassanini, Linda Lanzillotta, Paolo Gentiloni, Stefano Passigli, l’ex premier Antonio Maccanico. Raccontano che Romano Prodi abbia commentato con interesse le performance del giovane lider dei lib-dem, l’unico vero europeista. E Sandro Gozi, uno dei quarantenni vicini al Professore, conferma: «Ho lavorato con lui a Bruxelles, avercene, anche in Italia».

Il Sole 24Ore due giorni fa facevo lo stesso per il centrodestra (“A Roma piace la fine del bipolarismo radicale“), solo che lì sono compatti con Cameron ma:

Unico dissidente a destra è il ministro Renato Brunetta che se fosse inglese voterebbe Clegg. «Conosco Nick, abbiamo lavorato insieme a Bruxelles. È l’unico che ha un respiro europeo mentre Cameron rappresenta una destra piatta e isolazionista». «La destra di Cameron è riuscita a declinare temi fuori dai propri confini. Ci convince un modello economico che non interpreta il benessere solo in termini di Pil ma anche di solidarietà» dice Adolfo Urso.

I compagni che non hanno spifferato le loro simpatie per Clegg nell’articolo di Iacoboni, si slacciano alla vista della Palmerini:

Dario Franceschini, per esempio, nonostante le sue convinzioni bipolari, spiega perché gradirebbe la novità estrema della fine del bipartitismo. «Voterei Brown ma con una forte tentazione per Clegg. Credo serva una ristrutturazione della sinistra che prenda linfa dai liberali e arrivi a una formula nuova come fu l’Ulivo in Italia». Con lui anche Pierluigi Castagnetti. […] In particolare, sono i riformisti come Nicola Rossi a guardare con interesse la novità liberale. «Dopo la sbornia statale, al Labour serve molto pensiero liberale. Il peso dello Stato è diventato eccessivo e una affermazione di Clegg porterebbe una riflessione su questo punto. Inoltre Clegg è l’unico europeista e abbiamo bisogno di più Europa, come dimostra il caso Grecia».

Per non essere da meno al Pdl e al Pd, l’Italia dei valori giovedì si è schierata ufficialmente con l’uomo che ha portato i liberaldemocratici britannici alla sconfitta e al più grosso flop della storia mediatica moderna. Che dire: c’è di peggio…

Anche se Clegg è stato ritenuto un flop dai media, anche se in realtà il flop è stato dei giornali i quali hanno esaltato un candidato normale al rango di Primo Ministro, c’è da dire che il leader dei liberal sta trattando con Cameron per formare un governo più o meno stabile onde evitare di ritornare alle urne entro pochi mesi. E’ questo il compito del flop.

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