Cari democratiche, cari democratici
il Governo della destra ha scoperto la crisi. E la favola che per mesi la coppia Tremonti-Berlusconi ha raccontato agli italiani è finita. Le riforme? Neanche a parlarne, solo tagli. Indiscriminati. “Ci hanno raccontato che i conti erano in equilibrio, invece non è vero niente. – ha ricordato Pier Luigi Bersani – La Grecia non c’entra nulla: è un problema nostro. E non vedo riforme”
L’improvvisazione è stato l’unico programma di questo Esecutivo che ora tenterà di porre rimedio ai suoi errori con una manovra tardiva e inadeguata. Una finanziaria dura che proteggerà i forti e metterà in ginocchio i più deboli. L’equità è per noi obiettivo primario. La manovra annunciata non pare coglierlo. La nostra proposta di finanziaria, presentata da Enrico Letta, parla chiaro e, tra gli altri punti della sua contromanovra, chiede un aiuto concreto per sostenere l’occupazione e la crescita: una norma che preveda ‘tasse zero’ per i primi due anni per le aziende che assumeranno a tempo indeterminato.
Non c’è ossigeno neanche per gli Enti Locali. La manovra da 24 miliardi ne scarica 13 sul Patto di Stabilità, compromettendo la qualità e la quantità dei servizi ai cittadini. E le critiche fioccano, persino dai presidenti della Lombardia e della Calabria, Formigoni e Scopelliti. Sono disfattisti sinistri anche loro? Forse è troppo facile per Berlusconi nascondersi dietro alle citazioni deplorevoli di Mussolini per ricordare che lui non ha potere. Una pessima scusa di cattivo gusto? Un certo capitano ha già lasciato la nave prima che affondi. Un bel servizio al Paese.
Balle !
Non è possibile che lo Stato ricatti le aziende dicendo loro: se ti tieni a vita tot dipendenti allora noi non ti facciamo pagare le tasse.
I tagli sono necessari. Il problema è, semmai, che sono pochi.
E’ ridicolo tagliare del solo 10 % lo stipendio di manager pubblici e politici. Andrebbero tagliati almeno del 30 % (cosa che peraltro proposi, nel 2006, per il Comune di Pordenone, nel taglio agli stipendi di Sindaco e Assessori e di Consiglieri Regionali ed Assessori). E poi c’è il discorso delle Province che come repubblicani proponiamo dagli anni ’70 e che a Pordenone proponevamo nel 2004 con Mario Puiatti.
Poi, ancora, c’è il discorso dei Comuni inferiori a 20.000 abitanti che costano ed andrebbero accorpati. Ed ancora: è possibile che vi siano regioni in Italia che spendono e spandono sulla sanità senza rendere conto a nessuno ????? E dei “progettini” socialmente inutili o, meglio, utili ai soliti noti ?
Una volta introdotti seri e drastici tagli alla spesa pubblica improduttiva allora si può pensare – non già a ricattare cattocomunisticamente le aziende – ma a ridurre il carico fiscale a due, massimo tre aliquote e ad innalzare la soglia della no tax area.
Riducendo così le imposte, l’hanno dimostrato gli anni di Reagan e della Thatcher e noti esperti economici come l’amico Oscar Giannino, si amplia ben presto la base imponibile. E l’evasione si riduce automaticamente (senza sguinzagliare costosi ispettori della guardia di finanza) per effetto della famosa “curva di Laffer”.
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A mio avviso azzerare il carico fiscale alle aziende che assumono a tempo indeterminato è un incentivo che potrebbe andar bene per favorire i giovani che sono i più penalizzati in questa fase di crisi perdurante. E comunque come nel privato ancor più nel pubblico è una valutazione di merito sulle competenze e le prestazioni che si è in grado di dimostrare in un tempo di prova significativo che devono determinare la stabilizzazione con un contratto stabile.
Valutazione e trasparenza sono ciò che mancano al nostro Paese, cresciuto in troppi settori a clientelismo, nepotismo e raccomandazioni di ogni genere.
Nella Pubblica amministrazione tagliare i redditi ai dirigenti va bene (20% è una quota credibile) ma senza introdurre un sistema di valutazione obiettivo e terzo non muta in modo strutturale il problema della responsabilità e della produttività della dirigenza. Perchè sono i dirigenti che devono garantire a loro volta all’interno degli apparati che l’efficienza si coniughi con l’efficiacia e la qualità dei servizi dati ai cittadini e imprese.
Secondariamente tagliare gli enti inutili, tagliare le provincie, ecc richiede una riorganizzazione seria ed efficace del personale pubblico. Significa ridisegnare l’architettura degli enti ritenuti utili conferendo ad essi nuove competenze e/o ridefinendo quelle attuali. Significa ridistribuire il personale in esubero sulla base di una valutazione delle competenze maturate in precedenza e in vista del loro possibile miglior impiego. Questo comporta processi di riqualificazione e riconversione professionale seri e impegnativi.
La manovra finaziari, guarda caso, ha azzerato i fondi sulla formazione della PA e messo in soffitta la riforma (condivisa dall’opposizione) per introdurre meccanismi di valutazione e premio ai dipendenti pubblici. Chi pensa di tagliare facendo finta che questi problemi non ci siano, dicendo “intanto tagliamo e poi si vedrà”, è un cattivo dirigente politico, nonchè un irresponsabile e un incompetente. A me pare che chi sta ora al governo mostri molta irresponsabilità e incompetenza.
Dopo i decenni tatcheriani e reganiani, in Inghilterra ed in America, i ricchi si ritrovarono ancora più ricchi e i poveri più poveri. Cioè si registrò un “travaso” dai redditi bassi a quelli alti. La stessa cosa accade in Italia da una quindicina di anni, a parte la brevissima (purtroppo) stagione del ministro Visco.
Caro Ghiani, le sue ricette sono semplicemente stataliste, senza prospettive di ampio respiro.
A dirglielo, guardi caso, è un giovane che conosce bene il mondo del lavoro e quello che comunemente viene definito “precariato”.
In Italia tale precariato finisce per trasformarsi in situazione congenita, senza via di scampo. E ciò grazie alle ricette stataliste che hanno, in tutti questi anni, garantito chi un posto lo aveva già e tentato – illusoriamente – di promuovere il modello cattocomunista del “posto fisso”.
In altri Paesi, penso a quelli liberali ed anglosassoni, il “precariato” non è che un’opportunità per migliorare il proprio reddito e per farsi nuove esperienze. Al punto che chi oggi perde un lavoro ne trova un altro dopo pochissimo tempo.
Il posto fisso è un’illusione cattocomunista, dicevo appunto. Dannosa nel lungo periodo come ha dimostrato anche l’esperienza greca ove si sono assunti, ad esempio nel pubblico, cani e porci.
Su quanto afferma relativamente al pubblico impiego a proposito di “valutazione e trasparenza” la invito a guardarsi attorno, nel nostro piccolo. Osservi ad esempio la realtà dei comuni di Pordenone e Cordenons, chi sono e quanti sono i relativi dipendenti…..si farà un quadro molto chiaro di come, se le cose funzionano in maniera non proprio equa e trasparente da noi, può ben immaginarsi in altre realtà.
La classe politica odierna, ad ogni m0do, ha preciso interesse che le cose proseguano in questo modo.
Non è demagogia, ma pura e seplice osservazione dei fatti. Urge un ricambio complessivo della classe politica (non saprei come, obiettivamente. Per quel che mi riguarda mi limito all’astensionismo attivo auspicando un astensionismo di massa. Guarda caso ne parlò anche Oscar Giannino sabato scorso in quel di Pasiano di Pordenone).
Lei parla ancora di “ridisegnare ecc….”, ovvero afferma – con troppi giri di parole per i miei gusti, mi permetta – ciò che ho scritto io, che non è altro quel che il PRI proponeva negli anni ’70 e che, nel nostro piccolo, rilanciammo con Mario Puiatti a livello provinciale nel 2004, nel silenzio più assordante se non nella più totale contrarietà del suo partito.
A me pare, a differenza di lei, che Tremonti stia facendo semplicemente il minimo indispensabile. Peccato che sia troppo minimo e che in questi anni – a differenza di quanto propongono da sempre gli ottimi Antonio Martino, Renato Brunetta e Giuliano Cazzola – non abbia fatto nulla per ridurre radicalmente la spesa pensionistica, quella sanitaria, quella improduttiva della P.A. e dunque aumentato i fondi per la ricerca e la formazione.
Si badi bene, poi, che la riduzione ad un paio di aliquote di imposizione fiscale è riforma indispensabile e necessaria allo sviluppo ai fini dell’aumento della base imponibile e della riduzione dell’evasione fiscale.
La solita solfa “liberista” che è fallita dappertutto! L’idea di diminuire l’evasione… facendo regali agli evasori! In America li ammanettano e li consegnano ad un giudice che li condanna anche a 15 anni di galera. Fra trattenute e tasse varie, pago circa 800 euro AL MESE, cioè quanto paga in un anno un gioielliere in Corso Vittorio.
I regali fiscali di Bush ai percettori di redditi alti hanno provocato un disavanzo mai visto nella storia americana.
Inoltre osservo che i “predicatori” del MERITO, in realtà non hanno quasi mai meritato nulla! Il ministro Brunetta, per esempio, a parte i concorsi “pilotati”, ha fatto carriera all’ombra di De Michelis, quando i socialisti, a Venezia, erano una potenza. Da Venezia il balzo a Roma come “consigliere economico” del premier Craxi che, in 5 anni, RADDOPPIO’ il debito pubblico. Delle due l’una: o Brunetta è un incapace come consigliere…o è (stato) talmente servile da tacere di fronte allo sfascio. Adesso DOBBIAMO pagare per i SUOI “errori” e passare pure per parassiti, inefficienti, fannulloni?! Eh, no, non ci sto. Mi/ci hanno rovinati e ora ci dobbiamo sorbire, dagli stessi autori dello sfascio dell’economia, pure il predicozzo!? Ma andassero a farsi fottere (espressione dalemiana)!
Caro Sorrentino, la sua è la solita solfa comunista che non solo ha fallito economicamente (e già Giuseppe Mazzini nell’800 fece una puntuale critica a Marx) ma è anche stata sconfitta dalla Storia (al pari di quella nazifascista).
L’abbattimento delle imposte e l’innalzamento della no tax area è proprio a favore dei redditi medio bassi e serve ad abbattere, senza costi, l’evasione fiscale.
La parentesi Visco-Dracula non la augurerei una volta di più al nostro Paese, che, anziché seguire improbabili modelli scandinavi dovrebbe preferire modelli anglosassoni.
Il liberismo, lo dico con Giavazzi e Giannino, è di sinistra.
Il cattocomunismo è, invece, la massima espressione della conservazione.
Cari amici siamo alle solite. La manovra è un atto obbligatorio , quindi non c’è assolutamente margine di decisione. Purtroppo scopro che neanche il “mio ” partito ha delle serie proposte. A mio avviso, vista la programmazione del triennio, il governo doveva proporre provvedimenti atti a promuovere le piccole aziende, con abbattimenti immediati della pressione fiscale e con altrettanta tempestività attuare le procedure di controlli fiscali. Il piccolo artigiano che lavora in piccoli centri abitati va spronato al lavoro e non tartassato dallo Stato.
Sul controllo fiscale. Ma è mai possibile che ad oggi una nazione come la nostra non riesca ad effettuare controlli seri e verosimili?
I tagli sono necessari e proporzionali al reddito, se vogliamo pensare alla continuità del nostra Stato.
Al Governo chiederei si di condonare quanti hanno “nascosto ” capitali all’estero, ma obbligherei gli stessi ad investire a fini produttivi queste somme.