Liberate Belpietro!

Gli investigatori parlano di un vero e proprio “rompicapo”: dell’uomo che avrebbe tentato di uccidere il Direttore di Libero Maurizio Belpietro si sa poco e nulla. Un fantasma. Nonostante questo, la legione papale si è mossa immediatamente, quel killer è stato armato da Gianfranco Fini, da Antonio Di Pietro, anzi da Facebook, dai Blogger, no!, dai grillini, e pure dal Popolo Viola, Travaglio e Lisa Simpson. Quella roba lì insomma. Dinamiche che vanno sfruttate nel brevissimo periodo, a prescindere da verità, falsità e riscontri esaustivi. Via subito ai mandanti morali, ai generatori d’odio, è il ritorno agli anni di piombo, scrive Pansa. Vabbè, vedremo. Intanto mi sono permesso di raccogliere tutte le curiosità del caso: sapete, quando si ha a che fare con una certa parte politica e giornalistica è sempre meglio andarci piano. Tra cimicioni-farsaauto-minacceallarmi-falsipseudo-bombe, laddove si continua a mischiare verità e menzogna, esasperazione informativa e “Betulla” recidiva, beh, la prudenza è d’obbligo. No, nessuna strana teoria complottistica, sono felice che nessuno si sia fatto male ed aspetto semplicemente di capirne di più. Nell’attesa ragiono sui fatti. Ecco tutte le stranezze sull'”attentato” alla vita di Maurizio Belpietro.

  • Belpietro è appena stato accompagnato in casa. Il capo-scorta, dopo anni di routine, decide di non prendere l’ascensore, ma di scendere per le scale. Per potersi fumare una sigaretta, dice. Sarà proprio questa provvidenziale casualità a farlo imbattere nel malintenzionato, prima che questi possa bussare alla porta del Direttore di Libero.
  • L’attentatore prova immediatamente ad uccidere l’agente, sparandogli “in faccia” da una distanza ravvicinata. La pistola però s’inceppa, fa “click”, poi il killer scappa. Un’altra provvidenziale casualità, la seconda.
  • La pistola viene descritta dal miracolato come una “Beretta”, quindi una semiautomatica. Pistola affidabilissima, scelta come arma ufficiale da molti eserciti del mondo, compreso quello italiano. Da quello che ho capito non è possibile che questo tipo di arma s’inceppi così facilmente, e non nel modo descritto dal capo-scorta.
  • Spunta anche l’ipotesi pistola-giocattolo, ma i media vicini al Premier sono gli unici a non prenderla nemmeno in considerazione: non ne fanno cenno.
  • La reazione dell’attentatore alla vista del capo-scorta (sparo in faccia) appare eccessiva, immotivata. Il poliziotto era vestito in borghese, perché ucciderlo? E se fosse stato un normale condomino? Perché non provare a far finta di niente, e risalire tranquillamente le scale? E soprattutto, perché bruciare il vero obiettivo dell’attentato, perché bruciare l’intera operazione?
  • ancora: perché l’attentatore non aspetta l’uscita del capo-scorta per agire – sarebbe bastato attendere qualche minuto – magari servendosi di un complice, come sempre avviene in questi casi?
  • La reazione del capo-scorta: dopo aver visto la morte in faccia (una Beretta puntata “ad un millimetro” dal volto, che fa “click”) si getta a terra, o dietro un angolo, poi fa fuoco mirando al killer in fuga. Due colpi, quindi si alza, insegue giù per le scale l’attentatore – un paio di rampe – e spara una terza volta. Poi risale da Belpietro, per vedere che tutto sia apposto. Nessun colpo giunge a segno. La sezione balistica della Questura di Milano sta indagando sulla traiettoria dei proiettili esplosi. Inizialmente si era parlato di “3 colpi in aria”, sparati con il semplice obiettivo di dissuadere il malintenzionato. I dubbi si accavallano.
  • Gli agenti di scorta sono figure molto preparate, che devono saper fronteggiare qualsiasi situazione di pericolo. In questo caso il poliziotto ha sì messo in fuga l’attentatore, ma non è riuscito a colpirlo da una distanza ravvicinata ed in uno spazio ristretto, dopo aver subito un’aggressione gravissima, per fortuna andata a vuoto. Inoltre se l’è lasciato scappare, desistendo dall’inseguirlo dopo una manciata di rampe.
  • Sono attimi concitati, fuori è notte, la luce fioca delle scale, a rischio la vita, il criminale in fuga. Tutto avviene in un lampo, ma il capo scorta riesce a descrivere con precisione il tipo di pistola, ilvolto, l’età, il naso, la carnagione, le pupille, la corporatura, le scarpe, i capelli ingellati e l’abbigliamento del fuggitivo: prima si parla di un uomo vestito da finanziere, poi le ore passano e si scopre che quel tizio aveva i pantaloni di una tuta “tipo adidas”, bianca con righe nere, ed una camicia “grigio-verde con mostrine” che potrebbe ricordare una pettorina della Gdf. Siamo passati da killer professionista sapientemente travestito per fregare Belpietro a sgherro di periferia, conciato con qualcosa di verde.
  • Il racconto di Maurizio Belpietro: a Repubblica afferma di essere entrato in casa e di aver lasciato la porta socchiusa, di aver sentito gli spari, di essersi girato ed aver visto l’agente proteggersi dietro ad un angolo, per poi rispondere al fuoco. Alla maggior parte dei media che lo hanno intervistato dichiarainvece qualcosa di diverso: e cioè di aver chiuso la porta di casa alle proprie spalle, una volta entrato, e di aver sentito solo in un secondo momento gli spari.
  • In molti già ciarlano di terrorismo e anni di piombo, ma il fallito attentato non è stato nemmeno rivendicato. Il capo della polizia Manganelli ordina di vagliare ogni ipotesi, ma più che ad un gruppo terrorista pensa al gesto di un “fanatico singolo”. “Magari poi si scoprirà che la pistola era finta, e che l’attentatore voleva solo spaventare”, scrive La Stampa. I punti di domanda si moltiplicano.
  • La scientifica ha analizzato scale e garage: nessuna traccia dell’attentatore. Pure le possibili vie di fuga, tra cespugli, mura e siepi alte 2 metri da scavalcare, appaiono immacolate.
  • Un solo testimone. Per ora la quasi totalità della ricostruzione si basa sulle parole dell’agente coinvolto, tale Alessandro M., promosso agente scelto dopo aver sventato un altro possibile attentato. Era il 1995, e la vittima designata il procuratore D’Ambrosio. La dinamica ricorda molto quella avvenuta nel palazzo di Belpietro: anche allora A.M. mise in fuga l’attentatore, ma non riuscì a catturarlo o a colpirlo, ed i responsabili del possibile omicidio – oltre a non essere visti da nessuno – non furono mai individuati. Pensate, è lo stesso D’Ambrosio in queste ore ad affermare quanto segue: “Mi sembrò strano quell’attentato, in una terribile giornata di pioggia. A. mi disse di non scendere, mi affacciai e vidi soltanto un uomo che parlava con una donna all’interno dell’asilo. Una volta in strada A., bagnato fradicio e in stato di alterazione, mi spiegò che aveva inseguito una persona dentro l’asilo, un uomo armato di fucile che poi aveva saltato un muro ed era scappato su una moto guidata da un complice. L’indagine non approdò poi a nulla. Sinceramente non ci ho mai creduto molto”.
  • Gli investigatori hanno deciso di riascoltare il capo-scorta: nella sua ricostruzione ci sarebbero alcune “incongruenze” (Tg La7, 3 ottobre).
  • L’attentatore dell’altra notte è molto probabilmente fuggito dall’uscita secondaria, che dà su Corso Borgonovo (quella principale era presidiata da un agente). D’obbligo quindi imbattersi nella relativa telecamera, o nel custode, che abita proprio lì. Ma nessuno ha notato niente, né l’occhio umano, né quello bionico. Pensate: il custode all’ora X si trovava proprio nel cortile indicato da tutti come l’unica possibile via di fuga per l’attentatore. Ma di lì non è passata anima viva. Stesso discorso per il portiere dello stabile di Belpietro: visto o sentito niente. Da dove sia fuggito l’attentatore, rimane un mistero. E pure da dove sia entrato: nessun condomino ha notato nulla di strano.
  • Il baccano a quell’ora di sera, erano circa le 23, ha fatto sobbalzare tutti gli abitanti dell’edificio. In molti si sono precipitati a vedere cosa fosse successo, ma nessuno ha visto l’attentatore in fuga.
  • Casa-Belpietro è situata in pieno centro a Milano – vicino allo show room di Armani – ed è quindi circondata da telecamere di ogni genere e sorta. Se qualcuno fosse davvero entrato o uscito da quel palazzo, impossibile farla franca, soprattutto a quell’ora di sera, quando la zona è particolarmente calma. Ma gli investigatori hanno già controllato tutte le registrazioni, e vagliato telecamere fino a 4 isolati di distanza: per ora niente, i video sono molti ma la risoluzione bassa, e ogni esito è risultato negativo.
  • Oddio, in realtà un colpevole c’è già. Visti gli scarsi risultati dell’inchiesta – e non credo per demerito degli investigatori – Maurizio Gasparri ha cominciato a seminare infamie sul Procuratore che si occupa del caso, quell’Armando Spataro che ha speso una vita intera a combattere ogni tipo di criminalità organizzata, da quella mafiosa a quella terroristica: “Bisogna togliere l’indagine a Spataro, ed affidarla ad un altro Pm, imparziale ed autorevole: Spataro non lo è”. Ho come l’impressione che agli amici di Belpietro comincino a tremare un pochino le gambe, in fondo si sono esposti parecchio, nelle ultime ore. Hanno utilizzato pochi condizionali e troppi imperativi, strumentalizzando un caso tutt’altro che chiuso per tutelare i soliti interessi. Speriamo che la giustizia faccia velocemente il proprio corso: non vorrei che a qualcuno venisse in mente di cominciare a fabbricarsele, queste benedette prove.
  • [Wil]

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