Perché bisogna votare sì al referendum elettorale

Come tutte le persone di buon senso – di centrosinistra ma, mi auguro di cuore, anche di centro e di centrodestra – se davvero dovesse essere indetto il referendum per chiedere l’abrogazione del “Porcellum” targato Calderoli, naturalmente voterei sì. E poiché in questi giorni, in numerose città e nelle principali feste del PD, si susseguono le iniziative a sostegno della campagna referendaria, credo sia doveroso contribuire affinché si raggiunga il fatidico numero di cinquecentomila firme per consentire agli italiani di riappropriarsi di un bene comune indispensabile quale la politica.

È, infatti, necessario cancellare le due peggiori storture dell’attuale legge elettorale: l’impossibilità per i cittadini di eleggere i propri rappresentanti, delegittimando in partenza il ruolo dei nominati che siedono a Montecitorio e a Palazzo Madama, e il cosiddetto “Premio di maggioranza” che consente ad un partito che ha ottenuto anche un solo voto in più degli altri di disporre del 55 per cento dei deputati; e lo stesso vale per il Senato, benché lì il Premio sia su base regionale.

Restituire un senso alle scelte degli elettori e un valore al nostro sistema democratico appare, dunque, un problema non rinviabile. Detto ciò, sento tuttavia di dover esprimere alcune amare considerazioni in merito a quanto che sta accadendo.

Se una democrazia occidentale importante come la nostra è costretta, su qualunque tema attenga all’interesse pubblico, a delegare al popolo la riscossa civica contro le ingiustizie del governo, questo significa che il berlusconismo ha di fatto esautorato il Parlamento. In questo senso, hanno buon gioco quegli opinionisti che da anni si divertono a scaricare gran parte delle colpe della palude italiana sull’opposizione e, in particolare, sull’atteggiamento tenuto dal Partito Democratico riguardo a questioni cruciali come, ad esempio, i referendum dello scorso giugno.

A tal proposito, mi sembra saggia la posizione assunta da Bersani: “Il nostro compito è lavorare in Parlamento. Ai partiti non compete promuovere referendum. Noi dobbiamo batterci perché si apra subito la discussione sulla nostra proposta di nuova legge elettorale. Poi, certo, se da parte del centrodestra alla fine ci fosse una totale chiusura, il referendum può essere l’ultimo strumento per superare il Porcellum e noi lo sosterremo, perché non possiamo tornare a votare con questa legge elettorale“. Insomma, il ricorso al referendum dev’essere l'”extrema ratio”, con l’auspicio che, come spesso accade, il Parlamento, pressato dalla volontà popolare, riapra la discussione e cancelli di sua iniziativa questa vergognosa legge.

E’ sicuramente meglio affrontare la questione in Parlamento, attraverso quel dialogo sereno e costruttivo tanto auspicato dal Capo dello Stato e sempre tradito dallo spirito del “ghe pensi mi” che caratterizza il governo e larghi settori della maggioranza che lo sostiene. Ben sapendo, però, che l’imprescindibile confronto democratico fra le parti ci sarebbe stato comunque negato dal governo della “fiducia evergreen”.

E così sarà pure stavolta, sperando con tutta l’anima che sia l’ultima, perché chi come me – come noi – ha scelto di dedicare parte della propria vita alla passione civile e all’impegno quotidiano a favore della politica, proprio non può accettare che l’istituzione cardine di qualunque democrazia sia stata ridotta ad una scatola vuota nella quale si vota e basta, senza mai discutere alcun provvedimento.

L’aspetto più triste della vicenda riguarda, infine, una riflessione storica: all’epoca dei referendum sull’aborto e sul divorzio, furono i conservatori a indire la consultazione e fummo noi progressisti, cattolici e laici, a respingere l’assalto a quelli che consideriamo due pilastri della nostra società. Il fatto che in trent’anni si sia arrivati al punto che sono i progressisti a dover organizzare i referendum perché non riescono più a far valere le proprie ragioni in Parlamento, dà la misura di quanto il berlusconismo abbia imbarbarito l’Italia.

Ancora una volta ci batteremo e ancora una volta il Pd Cordenons sarà in piazza con tutti coloro che vogliono cambiare e rendere migliore questo Paese, ancora una volta siamo convinti di potercela fare, con percentuali persino superiori alla sfida del 2006 (referendum abrogativo della riforma costituzionale, targata sempre Calderoli) e ai quesiti su acqua, nucleare e legittimo impedimento che, insieme alle Amministrative, hanno animato la “Primavera italiana” e segnato un primo, fondamentale passo avanti verso ciò che tutti ci auguriamo possa avvenire entro aprile-maggio del prossimo anno. Perché, come sosteneva Luigi Einaudi, “il mio criterio mi dice che in questo momento quello che è necessario è un governo“.

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