Per l’Italia e per l’Europa servono riforme vere

Basteranno le ultime decisioni per mettere l’Unione Europea e l’Euro al riparo dall’attacco speculativo dei mercati sui debiti sovrani? La domanda è giustificata: le istituzioni europee, condizionate dal prevalere delle logiche nazionali e in particolare dalla volontà della Germania, sono da mesi sempre in ritardo di fronte ai mercati finanziari. Con il risultato che anche le risorse ingenti stanziate per il cosiddetto “fondo salva stati” potrebbero non essere sufficienti a conquistare una effettiva stabilità dell’eurozona.
In tutti i Paesi dell’Unione si discute molto di questo: del ruolo della Bce e della necessità di una riforma che la renda garante del debito dell’intera area; della riforma dei Trattati così da impegnare nel medio e lungo periodo gli Stati membri a rispettare vincoli di bilancio ed evitare situazioni di squilibrio eccessivo; dell’esigenza di politiche e scelte europee a favore della crescita senza la quale le politiche di rigore finanziario rischiano di risultare totalmente inefficaci oltreché socialmente insostenibili; della necessità di un rafforzamento dell’architettura istituzionale europea nella dimensione comunitaria piuttosto che in quella intergovernativa; della democrazia nel tempo della globalizzazione dei mercati finanziari che “decidono” (o impongono decisioni) senza alcuna legittimazione da parte dei cittadini…
In Italia questo dibattito è debole e confinato tra gli addetti ai lavori. Abbiamo fatto bene a rispedire al mittente l’irrisione di leader europei come la Merkel e Sarkozy nei confronti dell’Italia, offensiva e inaccettabile quale che sia il giudizio sul Governo in carica. Ma ciò non ci esime dal sottolineare l’assenza inquietante di una posizione italiana sul futuro dell’Europa, sulle riforme indispensabili per salvare e rilanciare il progetto europeo. A maggior ragione perché esiste un “problema Italia” nella crisi europea e globale avremmo tutto l’interesse ad esercitare un ruolo attivo nel confronto e anche nello scontro sulle possibili evoluzioni dell’assetto delle istituzioni europee. Nel progetto del Pd e delle forze che oggi vogliono costruire l’alternativa all’attuale Governo questi nodi dovranno trovare soluzioni chiare. Di fronte agli straordinari mutamenti in atto nel mondo, non potrà esistere una coalizione che si candidi a guidare l’Italia che non abbia una visione comune del futuro dell’Europa e un’idea chiara del ruolo e della collocazione internazionale del nostro Paese.

La lettera con la quale il Governo italiano ha ottenuto nel corso dell’ultimo vertice europeo un apprezzamento è un “libro dei sogni“: lo sanno Berlusconi e Bossi, lo sanno i parlamentari della maggioranza, probabilmente lo sanno anche Barroso e Van Rompuy. L’Italia è vigilato speciale, vedremo nelle prossime ore il responso dei mercati, certo è che la lettera contiene impegni – alcuni condivisibili, altri assolutamente irricevibili come quello sui licenziamenti facili – che l’attuale compagine di Governo non è in grado di condurre in porto con decisioni, provvedimenti, leggi da approvare. Berlusconi si mostra ringalluzzito mentre le voci critiche nel centrodestra aumentano e il clima in Parlamento è sempre più surreale. Dietro la facciata di ottimismo si moltiplicano le ragioni di insoddisfazione e le continue bocciature del Governo, in particolare alla Camera, sono un segno evidente del marasma interno alla maggioranza. Può un Paese in difficoltà come l’Italia restare a lungo appeso al voto di un pugno di singoli deputati, magari aspiranti sottosegretari o ministri?

La preoccupazione autentica per le sorti delle imprese, dei giovani, dei lavoratori, delle famiglie italiane dovrebbe spingere verso una discontinuità subito. Soltanto un governo guidato da una personalità di forte prestigio e autorevolezza che godesse di un ampio sostegno parlamentare potrebbe mettere mano da subito ad alcune delle riforme contenute nella lettera, garantendo il pareggio di bilancio al 2013 e alcune misure serie per la crescita e l’equità. Diversamente, la strada delle elezioni a primavera sembra segnata e alla fine il minore dei mali.
Berlusconi si affanna a dire di avere davanti 18 mesi di governo ma sa che così non sarà e si appresta ad usare la lettera alla Ue come programma per la campagna elettorale.

Il Pd come principale partito dell’opposizione, e le opposizioni insieme, non possono che confrontarsi in questo scenario, mettendo a punto proposte comuni a partire dai problemi economici e sociali più urgenti. Opposizione intransigente e senso di responsabilità non sono in contraddizione. Far cadere il Governo Berlusconi e aprire la strada ad una fase nuova è in questo contesto un gesto di responsabilità nei confronti del Paese. Tanto più se accompagneremo la mobilitazione e l’opposizione in Parlamento alla elaborazione di un progetto per l’Europa e per l’Italia, oltre la crisi.

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