La normalità al potere

Si è presentato nelle case degli italiani all’ora di cena, nei tg delle otto, con un semplice buonasera: niente retorica, neppure un sorriso. E senza mai usare la parola ‘io’. Parlando invece di equità sociale e di dignità. Un cambio di stile rivoluzionario rispetto al berlusconismo.

Italia e Europa sono oggi la posta in gioco. E già ieri sera il professor Monti, con sobrietà e severità, senza darlo a vedere, ha dichiarato chiusa l’era del Truman Show, il mondo a parte dei ristoranti pieni propagandati fino a una settimana fa. Via all’operazione verità, a una cura dolorosa ma necessaria. Con «un’accresciuta attenzione all’equità sociale», un modo garbato per dire che in questi anni l’attenzione è stata nulla. E «un futuro concreto di dignità e di speranza», un cammino faticoso da compiere tutti insieme, non la scorciatoia virtuale di un miracolo che non c’è mai stato.

Un cammino pieno di ostacoli, di serpenti sotto le foglie. La prima mina da disennescare spetta allo stesso Monti, quando presenterà la lista dei ministri: il suo sarà il governo dei competenti, per fortuna, ma i competenti – si spera – non si trovano solo alla Bocconi o alla Cattolica ma anche in qualche università pubblica, non sono solo di sesso maschile, non sono solo uomini di una certa età. Il governo Monti non può nascere lontano, troppo lontano dal vento di cambiamento che ha soffiato in questi ultimi mesi: il movimento delle donne, le elezioni di Milano e di Napoli, i referendum, il modello Pisapia, l’esigenza di ritrovare una partecipazione civile. Il secondo rischio è legato al primo: la cessione di sovranità della politica, con pesanti ripercussioni sulla democrazia. Un pericolo ben presente nell’intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: oggi c’è bisogno di uno sforzo comune, poi le forze politiche torneranno a dividersi alle elezioni, senza confondersi e senza perdere la loro identità. La scelta di Monti arriva dopo la dissoluzione del Pdl (mesi di «rotture e tensioni», ha fatto notare il capo dello Stato), l’arbitro Napolitano ha fischiato la sospensione della partita per inagibilità del campo, troppi fallacci, troppe scorrettezze, troppo fango. Ora arriva il Commissario, a ripulire, a ricominciare, a ricostruire. E poi, dopo la tregua, la partita dovrà riprendere: si spera con magliette pulite, regole del gioco rispettate, squadre rimaneggiate con nuovi acquisti, nuovi allenatori, nuovi giocatori.

E’ questa la sfida che si apre da questa mattina. Per l’Italia è «la sfida del riscatto», come ha detto ieri sera Monti. Per la politica la tregua è la grande occasione: dimostrare di essere all’altezza, trovare la capacità di autoriformarsi, quella che i partiti non sono riusciti a mettere in campo da soli, senza essere costretti dalla forza dei fatti. Quanto sta accadendo è poco rassicurante: paletti, condizioni, veti reciproci, veleni, tentazioni di delimitare la sfera di azione del nuovo governo. Sul ministero della Giustizia, ad esempio, ieri sera circolava addirittura la voce che il Pdl avesse proposto come nome tecnico il magistrato Augusta Iannini, capo dipartimento di via Arenula, la moglie di Bruno Vespa. La solita partita sulla Giustizia, il ricatto berlusconiano su cui andò a infrangersi anche la Bicamerale. E il Cavaliere ha già avvertito: senza di me il governo non ha la maggioranza.

Si vedrà nelle prossime ore. Lo scontro è tra chi vuole un governo forte che consenta ai partiti di rinnovare la politica prima di ridare la parola ai cittadini e chi lo vuole fin da ora trasformare in un governicchio natalizio, un decreto sui conti pubblici e via. Se fosse così, il tentativo Monti si ridurrebbe a ben poca cosa: una manovra salva-Italia, qualche mese di governo dell’economia e poi si tornerà a votare. Ma le ambizioni del Professore sembrano ben altre. Sono le ambizioni straordinarie di un uomo normale. La normalità al potere.

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