Il Financial Times nella sua Lex Column fa un ritratto impietoso e imbarazzante dell’Italia di Berlusconi. A Washington, apprendiamo dai cablo diffusi da Wikileaks, pensano anche peggio del Premier, ma ritengono che un Berlusconi screditato e indebolito non possa mai dire no, e quindi vada bene per l’interesse nazionale USA. Insomma, pragmatici o casinisti, questi anglosassoni?
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L’Egitto di Frattini
Un mese e mezzo fa scrivevamo quanto sia inutile Frattini come ministro e quasi ce ne dispiacevamo di dirlo:
Frattini va a fare il commissario europeo e quando nel 2008 Berlusconi vince di nuovo le elezioni, viene richiamato a prendere il posto di ministro degli esteri. Il tutto con la consueta irrilevanza. Nell’estate del 2008 la Russia invade la Georgia: muoiono 2000 persone in cinque giorni, nel mondo si parla di una nuova guerra fredda, le diplomazie internazionali lavorano freneticamente per fermare il conflitto, i ministri degli esteri europei si riuniscono d’urgenza. Frattini nel frattempo è in vacanza alle Maldive, e ci rimane: alle riunioni manda il suo vice. Meno di sei mesi dopo, Israele comincia l’operazione Piombo Fuso: invade e bombarda la Striscia di Gaza, accusando Hamas di aver rotto la tregua con i razzi Qassam lanciati nel sud di Israele. Anche stavolta si mobilitano le diplomazie di tutto il mondo. Frattini è di nuovo in vacanza, stavolta a sciare. Nessuna riunione, nessun vertice, nessuna missione. Quando il Tg1 va per intervistarlo, lui si fa riprendere dentro uno chalet, in tuta da neve e col naso unto di crema solare. Parliamo delle due crisi internazionali più gravi degli ultimi due anni: Frattini le ha passate entrambe in vacanza.
Ok, uno è libero di andare in vacanza dove e quando vuole, e queste sono storie vecchie che non succederanno mai più, direte voi.
Si dà il caso che in questi giorni sia scoppiata la più grave rivolta in Egitto degli ultimi 30 anni al punto che il presidente Mubarak pare abbia inviato moglie e figli a Londra; la vicenda è talmente grave che pure Obama ha deciso di parlare alla Nazione, e nelle ultime ore tutti i diplomatici vicini al Mediterraneo si sentono continuamente in videoconferenza e organizzano riunioni plenarie per discutere della crisi.
Indovinate dov’era Frattini?
Il punto sull’attentato di ieri a Tucson
Della strage compiuta a Tucson, in Arizona, ne abbiamo parlato ieri sera. Oggi rimangono purtroppo da aggiornare i morti, che arrivano a sei: John M. Roll, giudice federale, 63 anni; Gabriel Zimmerman, assistente di Gabrielle Giffords (la deputata al Congresso ferita alla testa e data per morta poco dopo la strage), 30 anni; Dorwin Stoddard, pastore protestante, 76 anni; Christina-Taylor Green, la bambina di 9 anni che ha destato tanto scalpore anche perché nata il giorno dell’attacco alle Twin Towers; Dorthy Murray di 76 anni e Phyllis Schneck di 79 anni entrambi pensionati. I feriti nel frattempo sono calati a 14 ufficialmente, e non 18 come si era detto subito dopo l’attentato.
Il killer, come abbiamo già detto, è Jared Loughner: uno squilibrato di 22 anni – probabilmente un cadetto, ma non è dato per certo – che sul suo profilo su MySpace e YouTube delirava su come il governo stesse complottando per controllare le menti degli americani e di come stessero subendo il lavaggio del cervello tramite la “grammatica”. Insomma, non pare tanto sano di mente. Pare assodato che non abbia precise connotazioni politiche, anche se tra i suoi mantra ve ne sono alcuni dell’estrema destra americana e benché una sua amica lo definisse “di sinistra”. Tra i suoi libri preferiti sui social network indicava il Mein Kampf e il Manifesto del Partito Comunista.
Obama ha inviato in Arizona Robert Mueller, il direttore dell’Fbi. Decisione insolita, è noto che il direttore non lavora sul campo, e da qui si capisce quando sta a cuore alla Casa Bianca la risoluzione degli omicidi in tempi rapidi, anche perché si cerca un uomo di 40/50 anni con i capelli scuri che dalle immagini riprese dal centro commerciale vicino la sparatoria, si crede collaborare con Loughner.
Della deputata Gabrielle Giffords si sa che è stata la prima ebrea eletta al Congresso dall’Arizona, ex repubblicana, è moderata centrista a favore dell’aborto e della ricerca sulle staminali, fa parte della New Democrat Coalition e della Blue Dog Coalition, che subito dopo l’Uragano Katrina si è recata personalmente a Houston per offrire il proprio aiuto come volontaria, aveva vinto a novembre la rielezione alla Camera battendo il candidato del Tea Party per quattromila voti.
E’ contro l’immigrazione clandestina ed è favorevole alle armi tanto che ne possiede una. E’ sposata con l’astronauta Mark Kelly – il comandante della prossima missione dello shuttle in programma ad aprile – arrivato a Tucson immediatamente con un aereo messo a disposizione dalla Nasa.
Ieri negli Stati Uniti – ma anche nei siti italiani – si è molto parlato dell’infografica di Sarah Palin che evidenziava i deputati democratici che avevano votato e approvato la riforma sanitaria di Obama con “mirino” e didascalia: “E’ tempo di prendere posizione”. La Palin, interrogata da MSNBC, diceva: “Quando si fanno cose del genere [l’approvazione della riforma sanitaria, Ndr], bisogna rendersi conto che sono azioni che hanno delle conseguenze”. Sempre ieri sera la leader del Tea Party su Facebook e sul suo sito faceva le condoglianze ai familiari della Giffords:
My sincere condolences are offered to the family of Rep. Gabrielle Giffords and the other victims of today’s tragic shooting in Arizona.
On behalf of Todd and my family, we all pray for the victims and their families, and for peace and justice.
– Sarah Palin
Il mio sincero cordoglio alla famiglia della deputata Giffords Gabrielle e alle altre vittime della tragica sparatoria di oggi in Arizona.
A nome di Todd e della mia famiglia, tutti noi preghiamo per le vittime e le loro famiglie, e per la pace e la giustizia.
– Sarah Palin
Ancora oggi il testo è reperibile sia sul suo sito che su Facebook.
Lo scorso marzo, dopo l’approvazione della riforma sanitaria, la Giffords aveva subito minacce e il suo ufficio era stato danneggiato da vandalismi. Ma per tutto l’anno in Arizona il dibattito politico è sfociato in violenza e attentati più o meno seri: “Quando vedi persone squilibrate, quando osservi le reazione al vetriolo che vengono fuori da certe bocche riguardo cose tipo ‘abbattere il governo’, la rabbia, l’odio, il fanatismo che circola in questo paese sta diventando oltraggioso. E sfortunatamente l’Arizona ne è diventata la capitale. Siamo la mecca del pregiudizio e del fanatismo”. A dirlo è stato lo sceriffo della Contea Clarence Dupnik.
I repubblicani alla Camera oggi hanno rinviato tutte le discussioni previste per la prossima settimana, compresa quella del 12 gennaio sull’abolizione della riforma sanitaria.
A rischio la riforma sanitaria di Obama
Il 12 gennaio ci sarà il voto al Senato americano per abrogare la riforma sanitaria proposta da Obama e votata a marzo dell’anno scorso. Oggi ne parla anche l’Huffington Post. Tuttavia per abolire la riforma sanitaria i repubblicani dovrebbero avere una maggioranza di 60 voti al Senato e invece ne hanno 47 in virtù della nuova maggioranza appena insediatasi.
Ma se per un miracolo impensabile anche il Senato votasse l’abrogazione – cioè 13 democratici votassero contro il loro stesso presidente – , Obama metterebbe il veto tipo cinque secondi dopo. A quel punto, per superare il veto presidenziale, ai repubblicani non resta che avere una maggioranza dei due terzi al Senato e alla Camera, cosa che non hanno e non potranno mai avere.
Il voto del 12 gennaio voluto dai repubblicani quindi è solo un po’ di rumore per far vedere ai propri elettori che si danno da fare. La riforma sanitaria rimarrà al suo posto senza problemi.
[Via]
La guerra dichiarata a Murdoch
“Cable: l’uomo che ha dichiarato guerra a Murdoch. E ha perso“, titola l’Independent. Il segretario alle finanze del Regno Unito Vince Cable è rimasto vittima di una trappola ordita dal Daily Telegraph. Cable, membro dei Liberaldemocratici alleati del premier conservatore David Cameron, ha confessato a due reporter in incognito che si fingevano elettori di aver “dichiarato guerra” al magnate delle comunicazioni Rupert Murdoch. Murdoch, che controlla diversi giornali britannici, sta cercando di impossessarsi della più grande compagnia di trasmissioni satellitari del Regno Unito, la BSkyB. Non appena la notizia è stata pubblicata Cable è stato “esautorato dalle questioni politiche e finanziarie riguardanti i media, le tv e la comunicazione digitale”, scrive il quotidiano di Londra.
Tutto qua?
Il New York Times racconta in un articolo tutti i passaggi che hanno portato alla pubblicazione del materiale. Il giornale della Grande Mela ha ricevuto dal sito di Julian Assange una parte del materiale, dopo averlo visionato e deciso di eliminare alcuni parti ritenute pericolose per la sicurezza nazionale la redazione ha passato tutti i files in suo possesso alla Casa Bianca chiedendo commenti o osservazione. L’amministrazione americana ha ovviamente condannato la pubblicazione in toto del materiale, ma ha chiesto nello specifico di mantenere il segreto su alcuni files ritenuti particolarmente sensibili. La redazione del New York Times in alcuni casi ha accolto le osserivazioni dell’amministrazione americana e le ha rigettate in altre. Ha quindi girato le opinioni espresse dalla Casa Bianca anche alle redazioni di Le Monde, The Guardian e Der Spiegel e allo staff di Wikileaks, perchè fossero informati.
Anche Le Monde pubblica un articolo simile in cui viene raccontato il percorso che ha portato fino alla pubblicazione. Il quotidiano francese spiega come i cinque media, sempre in contatto tra di loro, abbiano lavorato sul materiale grezzo presentato da Wikileaks cancellando nomi o dettagli che a loro parere potevano diventare un pericolo per qualcuno.
Rispetto alle rivelazioni sulla guerra in Iraq e Afhganistan pubblicate nei mesi scorsi, questa volta il sito di Wikileaks ha deciso di adottare una strategia diversa. Fino a lunedì mattina le uniche fonti che riportavano informazioni di prima mano erano i cinque media (Der Spiegel, New York Times, Le Monde, El Pais e The Guardian) coinvolti nell’operazione mentre sul sito di Wikileaks continuava ad apparire la vecchia homepage non aggiornata. E anche seguendo l’account Twitter del sito di Julian Assange, si veniva rimandati solo ai cinque media in questione, senza che venisse rivelato alcun file originale. Le volte precedenti Wikileaks aveva deciso di pubblicare tutto il materiale in un colpo solo sul proprio sito.
Questa volta, del materiale a sua disposizione una piccola parte è stata passata a cinque testate selezionate che hanno avuto un’esclusiva mondiale per quasi dodici ore. Passato questo tempo è stato creato il sottodominio cablegate.wikileaks.org dove quella piccola parte (ma solo quella) è ora a disposizione di tutti. E il resto? I responsabili di Wikileaks spiegano che il resto del materiale verrà pubblicato a rate nei prossimi mesi. Dietro questa scelta, si giustificano i responsabili del sito, ci sarebbe la decisione di voler dare il giusto spazio a ogni singola informazione.
L’Italia di Newsweek e del Tg2
Tra ieri e l’altro ieri Newsweek, uno dei settimanali più diffusi negli Stati Uniti, ha pubblicato due articoli sul machismo berlusconiano, sull’uso delle donne nel nostro paese, specie in politica, e di come l’Italia sia diventata lo zimbello di tutto il mondo.
Questo è uno stralcio del primo articolo scritto dalla corrispondente dall’Italia Barbie Nadeau:
Sono le 8.30 di sera e tutti gli occhi sono puntati verso il programma più popolare della tv italiana, Striscia la Notizia. Due uomini di mezza età sono illuminati da una luce stroboscopica, uno di loro ha in mano una cintura da cui pende una treccia d’aglio dalla forma vagamente fallica. Una donna gli striscia sotto scivolando sul pavimento con la pancia a terra, con addosso un abito ornato di lustrini fornito di tanga e profondo scollo a V che arriva oltre l’ombelico. Quando si alza, uno dei due uomini lascia dondolare la treccia di aglio di fronte alla sua bocca aperta. Lei la prende in mano e se la strofina su un lato della faccia. «Vai, girati, fatti dare un’occhiata», dice l’altro uomo, e le tocca il didietro. «Grazie, bambola».
Questo è quello che si vede in prima serata in Italia. La parata di lubricità è impossibile da evitare, espressione di una putrefazione che è ormai manifesta ai vertici del governo italiano, specchio dei problemi più profondi della società rispetto all’evoluzione del ruolo delle donne. Mentre i titoli della stampa raccontano di un’infinita saga di modelle teenager, escort e ballerine del ventre marocchine che saltellano intorno al premier Silvio Berlusconi, i media chiariscono che gli uomini sono uomini e le donne sono oggetti in vetrina. Boicottaggi, proteste e perfino lamentele sono rare, e quando emergono in pochi le ascoltano. Ma se Berlusconi può benissimo comportarsi come un vecchio uomo sporco, bisogna dire che molte donne italiane sono state disposte a giocare i suoi giochi umilianti per molto tempo.
Un’intera generazione è cresciuta in una società in cui una specie di porno in versione soft e umiliante è considerato un di più accettabile di ogni programma di news quotidiano. Sono passati ventitré anni da quando Canale 5 di Berlusconi ha introdotto Striscia la Notizia, con le sue donne voluttuose dette veline – letteralmente, “brandelli di carta” – che sfilano negli intermezzi della trasmissione. Oggi, le showgirl non solo compaiono in tutti i canali ma alcune sono perfino al governo, nominate da Berlusconi. Alcuni sondaggi dicono che le giovani italiane preferiscono diventare veline ben retribuite piuttosto che medici, avvocati o imprenditori. Ma per Berlusconi l’idea di una forza lavoro femminile educata sembra essere più una barzelletta che la chiave per il successo economico. È stato lui che ha nominato una ex showgirl, Mara Carfagna, ministro per le Pari Opportunità. I suoi calendari in topless sono ancora appesi nei corridoi più nascosti del Parlamento italiano. Ma nonostante lei faccia discorsi promuovendo «parità di diritti e di dignità» per le donne, Berlusconi resta indifferente.
È chiaro che chi sostituirà Berlusconi – qualora dovesse accadere – indebolirà questo collegamento tossico tra politica, media e discriminazione di genere. Ma richiederà a tutti gli italiani, di entrambi i sessi, di riprogrammare il loro modo di pensare se davvero si vuole sperare che ci siano dei progressi. E non basterà soltanto cambiare canale.
Il secondo articolo (sempre uno stralcio), firmato da Jacopo Barigazzi, invece parla dell’Italia che noi tutti conosciamo, quella con Berlusconi e l’umiliazione di molti nell’avere un governo che si regge sulla politica dell’uso personale piuttosto che per la collettività:
Questo è il modo di lavorare del governo italiano. Nessuna responsabilità, nessuna vergogna, nessuna attenzione verso un paese fatiscente. Oggi l’economia è quasi congelata nel tempo, come le rovine ricoperte di cenere di Pompei. Per vent’anni l’Italia non ha praticamente avuto nessuna crescita, ma nessuno accetta di essere accusato per questo. L’ultimo affair di Berlusconi è stato tanto stupido quanto salace. Ruby dice di avere mentito al premier sulla sua età e di non avere mai avuto rapporti sessuali con il vecchio satiro. Ma mentre queste narrazioni di lussuria un tempo servivano per rafforzare la reputazione di virilità del primo ministro, questa volta sembra che abbiano lasciato l’impressione opposta.
Il governo italiano è così disfunzionale che gli ci sono voluti 153 giorni per nominare un nuovo ministro per lo Sviluppo Economico dopo che il precedente è stato costretto a dare le dimissioni per uno scandalo di corruzione. L’Italia è emersa a fatica dalla sua peggiore recessione degli ultimi sessanta anni. L’anno scorso lo sviluppo economico si è ridotto del cinque percento. Quest’anno le previsioni di crescita sono intorno all’1,2 percento, ma le prospettive per una ulteriore crescita futura sono molto limitate. Il ministro della Finanza Giulio Tremonti un tempo diceva che l’Italia doveva solo aspettare che la Germania si riprendesse e poi le cose sarebbe migliorate. Ma mentre l’economia tedesca è cresciuta su livelli record, fino al +2,2% nel secondo trimestre di quest’anno, l’Italia non è riuscita a crescere neanche di mezzo punto.
Allo stesso tempo, i debiti del paese stanno raggiungendo livelli disperati. Il disastro che ne conseguirà non sarà così drammatico come gli ultimi giorni di Pompei, o così repentino come il recente collasso avvenuto proprio lì. Ma se i leader politici italiani non inizieranno a prestare più attenzione ai bisogni del paese, prendendo decisioni difficili e assumendosene la piena responsabilità, il futuro di milioni di persone potrebbe essere ridotto in cenere.
Ieri sera il Tg2 ha ripreso Newsweek con un articolo di Tommaso Ricci – responsabile del settore cultura del TG2, cognato di Rocco Buttiglione e marito di Marina, vaticanista del Tg5 – il quale ne ha dato una coloritura… come dire… personale. Giudicate voi
Diario di Mid Term
Per chi vuole farsi un’idea di quello che sta succedendo in America per le elezioni di medio termine del 2 novembre, Francesco Costa sta scrivendo un diario imperdibile.
Chiarezza sulla morte di Daniele Franceschi
Cira Antignano è la mamma di Daniele Franceschi, il ragazzo italiano morto nelle carceri francesi l’agosto scorso. La signora Antignano ha scritto una lettera alla «Première dame de France» Carla Bruni, con la quale racconta lo strazio di una madre che dopo aver saputo che il figlio era morto misteriosamente in una cella del carcere di Grasse, dove era detenuto in attesa del processo, s’è vista riportare in Italia un cadavere massacrato e in avanzato stato di decomposizione.
Gentilissima Signora Carla Bruni,
mi chiamo Cira Antignano e sono la mamma di Daniele Franceschi, il ragazzo italiano morto ad agosto nel carcere di Grasse. Le scrivo il giorno dopo il rientro di mio figlio in Italia, un rientro per il quale ho dovuto lottare tanto, per rivolgerle un accorato appello affinché voglia intervenire per fare chiarezza sulla sua morte. Daniele era stato arrestato nel febbraio scorso con l’accusa di avere usato una carta di credito falsa al Casinò di Cannes. Certo, mio figlio non era un santo, ma mi creda, neppure un delinquente.Il dolore per la morte di un figlio solo chi è madre lo può comprendere, ma ancor più grande è il dolore nel non potere al proprio figlio dare una sepoltura dignitosa. Daniele è rientrato ieri in Italia privo dei suoi organi; mi verranno restituiti, forse, a fine dicembre. Non mi sarà possibile dargli l’ultimo saluto: il suo corpo è in fase avanzata di decomposizione perché, per 51 giorni, non è stato tenuto alla temperatura di -22 gradi. Daniele mi scriveva tutti i giorni e in moltissime occasioni mi ha detto che veniva maltrattato, che non veniva curato quando stava male e che i detenuti italiani non sono ben visti dagli agenti del carcere.
Due giorni fa, dopo essermi recata all’ospedale Pasteur di Nizza per cercare di vedere Daniele e dopo essermi sentita dire che le condizioni del suo corpo erano tali da non consentirne la visione, ho preso la decisione di andare davanti al carcere di Grasse per protestare. Sono stata ammanettata, aggredita e portata come una delinquente al commissariato di Grasse, con tanto di contusione alle costole. Mi chiedo, ora, e Le chiedo: se una mamma di 66 anni viene trattata come me, che trattamento avranno riservato a mio figlio in quel carcere?
Cira Antignano
Salvi!
Dopo dieci lunghissime settimane sotto terra, i minatori cileni intrappolati nelle profondità vicino Santiago sono quasi tutti salvi. Viva la vida!
Le foto in Creative Commons nel Flickr del governo cileno e le meravigliose di Big Picture del Boston Globe.