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Questa manovra la paghi tu

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Care democratiche, cari democratici

ieri alla Camera ci sono state le dichiarazioni di fiducia sulla manovra finanziaria. Tremonti ha detto che “questa manovra fa pagare i papaveri”.
Invece, come ha ribadito il segretario del PD Pier Luigi Bersani nel suo intervento, la manovra colpisce insegnanti, poliziotti, infermieri, vigili del fuoco: stiamo parlando di questo! E gli agricoltori che protestano, come abbiamo detto alla Lega, contro gli evasori delle quote latte, gli italiani a cui rimandano di un anno l’età della pensione, un anno e mezzo per gli autonomi. Colpisce voi che da gennaio pagherete più cari i servizi. Sono questi i papaveri? Allora i miliardari come il nostro Presidente del Consiglio, che non pagano un euro per questa manovra, cosa sono, mammole da proteggere?

I 24 miliardi della manovra andavano trovati in modo diverso. Il PD ha proposto di rafforzare la lotta all’evasione, far pagare di meno imprese e lavoratori intervenendo sulle rendite patrimoniali e finanziarie. Ma non se n’è potuto discutere.

Con l’ennesimo voto di fiducia il governo ha mortificato il Parlamento: nessun confronto, nemmeno sugli emendamenti a favore dei terremotati aquilani.
Così due giorni fa Bersani insieme a Dario Franceschini, Rosy Bindi e 140 deputati del PD ha lasciato l’Aula di Montecitorio per raggiungere L’Aquila.



Siamo tornati nei luoghi devastati dal terremoto per metterci al servizio dei cittadini. Per ridare voce a chi non ce l’ha. Abbiamo visto la zona rossa, parlato con i cittadini riuniti in assemblea accogliendo proteste e proposte. Ripartiamo dall’appoggio alla proposta di legge di iniziativa popolare e della tassa di scopo per la ricostruzione.
Alla festa democratica nazionale a Torino lanceremo la campagna per raccogliere le firme sulla proposta degli aquilani.
Prendiamo un impegno sentito come compito personale, teniamo viva la questione de L’Aquila, dove il PD c’è e dove si terrà la nostra Festa Nazionale della Cultura dal 7 al 12 settembre, proprio per tenere alta l’attenzione sul dramma che stanno vivendo tanti italiani.
Vi aspettiamo.

La redazione

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Una finanziaria di sacrifici. Le controproposte del Partito Democratico

Cari democratiche, cari democratici

il Governo della destra ha scoperto la crisi. E la favola che per mesi la coppia Tremonti-Berlusconi ha raccontato agli italiani è finita. Le riforme? Neanche a parlarne, solo tagli. Indiscriminati. “Ci hanno raccontato che i conti erano in equilibrio, invece non è vero niente. – ha ricordato Pier Luigi Bersani – La Grecia non c’entra nulla: è un problema nostro. E non vedo riforme”

L’improvvisazione è stato l’unico programma di questo Esecutivo che ora tenterà di porre rimedio ai suoi errori con una manovra tardiva e inadeguata. Una finanziaria dura che proteggerà i forti e metterà in ginocchio i più deboli. L’equità è per noi obiettivo primario. La manovra annunciata non pare coglierlo. La nostra proposta di finanziaria, presentata da Enrico Letta, parla chiaro e, tra gli altri punti della sua contromanovra, chiede un aiuto concreto per sostenere l’occupazione e la crescita: una norma che preveda ‘tasse zero’ per i primi due anni per le aziende che assumeranno a tempo indeterminato.

Non c’è ossigeno neanche per gli Enti Locali. La manovra da 24 miliardi ne scarica 13 sul Patto di Stabilità, compromettendo la qualità e la quantità dei servizi ai cittadini. E le critiche fioccano, persino dai presidenti della Lombardia e della Calabria, Formigoni e Scopelliti. Sono disfattisti sinistri anche loro? Forse è troppo facile per Berlusconi nascondersi dietro alle citazioni deplorevoli di Mussolini per ricordare che lui non ha potere. Una pessima scusa di cattivo gusto? Un certo capitano ha già lasciato la nave prima che affondi. Un bel servizio al Paese.

A presto!
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Fa parte della manovra

di Giacomo Lagona

Nella manovra economica appena descritta dal governo, una parte saliente del taglio alla spesa pubblica è l’eliminazione delle province. Lo avevano promesso in campagna elettorale ed infatti – dopo due anni – Berlusconi e i suoi hanno deciso di abolire sei enti provinciali in surplus: Asti, Massa Carrara, Biella, Vibo Valentia, Fermo e Rieti.

Ma perché solo sei e non tutte o buona parte di esse? Stando a quanto scrive l’Ansa, le province che verranno “abbattute” sono quelle «con meno di 220mila abitanti, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale». In una lista che girava stamattina, c’erano conteggiate anche Matera Crotone e Isernia, quindi si arrivava ad un totale di nove province più quella di Ascoli, che essendo limitrofa a Fermo, pare che delle due se ne faccia una. Inoltre, seguendo il ragionamento di Antonio Sgobba, Isernia e Matera verranno lasciate perché sia il Molise che la Basilicata hanno due sole province e con i tagli diverrebbero mono-provinciali. Quasi lo stesso discorso si profila per la Calabria della quale verrà abolita solo una provincia su due in lista.

Facendo un rapido calcolo, le province con meno 220mila abitanti da abolire erano 24, ma togliendo le regioni a statuto speciale (FVG, Trentino, Val d’Aosta, Sicilia e Sardegna) e le province confinanti con stati esteri (in Liguria, Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli e Trentino), rimangono in realtà solo Asti, Matera, Ascoli, Massa Carrara, Biella, Crotone, Vibo Valentia, Fermo, Rieti e Isernia. Se togliamo le quattro per i motivi citati sopra, le rimanenti sei città vedranno accorpati gli enti provinciali a quelli più vicini.

Rimangono i dubbi per alcune province rimaste di cui si inizia a pensar male: Sondrio città natale di Tremonti; Lodi (appena diventata leghista) con 225mila abitanti; Terni con poco meno di 223mila. E poi quelle con meno di 220mila residenti: Aosta, Vercelli (unica città confinante con la Svizzera: Alagna Valsesia), Imperia, Sondrio, Verbano-Cusio-Ossola, Belluno, Gorizia, Pordenone, Enna, Oristano, Nuoro, Olbia-Tempio, Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, ecc. ecc.

In questo momento in tv Berlusconi sta spiegando la manovra e sta dedicando molto tempo nel dire che sono 24mld presi ai falsi invalidi, agli evasori fiscali e agli stipendi dei dipendenti pubblici, che l’ennesimo taglio agli enti locali i quali si vedranno ridurre notevolmente – quasi non fossero con l’acqua alla gola già ora – il loro ben misero budget.

Già lo sappiamo, con le cinque province abolite il governo metterà nel paniere l’ennesima promessa mantenuta perché tanto a pagare saranno sempre i soliti fessi. Ma tant’è…

Aggiornamento ore 21.30. Sul sito del Ministero dell’Economia è riportata la lista dei tagli di questa manovra. Alcuni spunti aperti in questo post:

Enti inutili
Sono soppressi una ventina di enti tra i quali i seguenti enti previdenziali: Ipsema, Ispesl e Ipost. I primi due confluiscono nell’Inail, il terzo nell’Inps. Sono soppressi anche Isae, Eim (Ente italiano montagna) e l’Insean (Istituto nazionale per studi e esperienze di architettura navale) con accorpamento ai ministeri di riferimento. Sono soppressi anche l’Ias (Istituto affari sociali) che confluisce nell’Isfol e l’ Enappsmsad (Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici), che confluisce nell’Enpals.
Il Comitato per l’intervento nella Sir è soppresso dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il relativo patrimonio è trasferito a Fintecna. I proventi derivanti dalla liquidazione degli enti disciolti sono destinati al fondo per il finanziamento della partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali di pace.
Le società pubbliche non quotate in perdita per tre esercizi consecutivi non possono ricorrere ad aumenti di capitale, trasferimenti straordinari o aperture di credito.
Enti inadempienti
Verrà meno il finanziamento pubblico per circa duecento enti che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere l’utilizzo dei finanziamenti a carico del bilancio dello Stato.
Province
Sono abolite 10 piccole Province (con meno di 220.000 abitanti, non ricadenti in regioni a statuto speciale)

Il testo non riporta quali siano queste province, ma ad intuito sembrano quelle circolate stamattina – Matera, Isernia, Biella, Rieti, Massa Carrara, Crotone, Fermo – più alcuni dietro front come Asti e Sondrio, e l’accorpamento di Fermo nuovamente ad Ascoli Piceno. Nel frattempo il Corriere intervista alcuni presidenti rivoltosi e le accuse volano a destra e a sinistra.

Aggiornamento ore 21.40. Le province abolite sono in Piemonte Biella e Vercelli; in Toscana, Massa Carrara; nelle Marche, Ascoli Piceno e Fermo; nel Lazio, Rieti; nel Molise, Isernia; nella Basilicata, Matera; in Calabria, Crotone e Vibo Valentia.

Aggiornamento ore 21.50. Il Corriere in un flash riporta la marcia indietro di Tremonti: «Non ci sarà nessuna abolizione. Per eliminare tutte le province occorrerebbe cambiare la Costituzione»
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