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Il paese degli arroganti

Ieri Berlusconi, Bossi, Trota, Cota e qualche altro vassallo padano sono andati a trovare l’altro padano, il governatore veneto Luca Zaia, nei luoghi delle alluvioni di queste settimane. Momenti di tensione prima a Vicenza e poi a Padova tra un gruppo di manifestanti e le forze dell’ordine in occasione dell’annunciato arrivo del presidente del consiglio Silvio Berlusconi e del ministro Umberto Bossi in Prefettura per fare il punto sulle zone alluvionate. Il corteo dei manifestanti, formato da studenti, ricercatori ed esponenti dei centro sociali, che ha urlato anche “Bunga bunga non lo balliamo“, è stato tenuto lontano dal palazzo della Prefettura. Berlusconi e Bossi sono giunti a Padova verso le 13.20. All’arrivo a Padova del premier dal corteo di protesta sono partiti pesanti slogan e insulti all’indirizzo soprattutto del presidente del Consiglio. «Mafioso, mafioso» e «Dimissioni, dimissioni» sono stati alcuni degli slogan urlati dai manifestanti.

Fin qui la cronaca, alcuni giornali stamane avevano una photo-gallery dove si notava tutta l’arroganza leghista. A essere cinici si potrebbe pensare che i difetti di una certa politica siano tutti qui. C’è l’arroganza del capo che, in barba alla legge, fuma tranquillamente il suo sigaro al chiuso, in un locale pubblico e durante un incontro istituzionale. C’è Cota, il braccio destro del capo che, invece di ricordare a quest’ultimo che sarebbe bene spegnere il sigaro, gli regge il portacenere. E c’è il figlio del capo che non ha avuto bisogno di meriti particolari, a parte essere il figlio del capo, per raggiungere e frequentare assiduamente le stanze del potere.

Impunità, arroganza, servilismo, nepotismo. A essere cinici o, secondo i punti di vista, moralisti, si potrebbe dire che sono tutti in questa foto i vizi capitali della politica in Italia. O forse, a esserlo davvero, si potrebbe notare che quei vizi hanno raggiunto la Padania e la sua classe dirigente, che era nata proprio per abbatterli. Ma la Lega è ormai di casa a Roma ladrona.

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Pontida, Bergamo, Italia

Siamo stanchi di sentire in tv parlare in napoletano e romano.

(Luca Zaia)

Finché la Lega è in Parlamento il voto agli extracomunitari non ci sarà mai.

(Federico Bricolo)

Noi vogliamo che i cittadini possano affiancare le forze dell’ordine nelle città. Ci dicono che vogliamo le ronde, ebbene sì, vogliamo le ronde.

(Roberto Maroni)

È una superballa dire che c’è bisogno degli extracomunitari.

(Luca Zaia)

Se non ci sarà il federalismo, ci potrà essere la secessione.

(Roberto Castelli)

Noi vogliamo fare liste di collocamento differenziate per pensare prima ai nostri cittadini, poi a quelli del resto del mondo.

(Luca Zaia)

L’inno di Mameli è quello italiano mentre quello della Padania è il “Va’ pensiero”.

(Roberto Calderoli)

In Veneto noi facciamo ancora il presepe e nelle scuole vogliamo il crocifisso.

(Luca Zaia)

Anche attraverso il calcio e il grande torneo delle nazioni non riconosciute che stiamo organizzando passa il messaggio della libertà dei popoli.

(Renzo Bossi)

L’acqua diventa un bene di lusso

di Giacomo Lagona

Sapevamo che l’acqua è un bene primario e per questo è di tutti, oggi, in Italia, l’acqua è diventato un bene privato e quindi non più per tutti. Con i complimenti del popolo italiano che ha eletto questo Governo di destra e della Lega.

Il decreto del Ministro Ronchi è stato approvato per soli 50 voti di scarto, nonostante la fiducia richiesta dal Ministro e, soprattutto, dopo che la stessa maggioranza era andata sotto per ben quattro volte richiedendo, alla fine, la fiducia numero 26 per questo esecutivo.
Il Parlamento non è più luogo di dialogo istituzionale, ma un mero strumento delegittimato da questa maggioranza. È democrazia questa?

L’acqua è un business da 8 miliardi l’anno, e il Governo ha cercato – purtroppo riuscendoci – di portare quei soldi nelle mani di multinazionali che faranno di tutto per raddoppiare i loro interessi, a scapito del bene pubblico naturalmente. Ronchi e Fitto hanno dichiarato che «non ci saranno innalzamenti delle tariffe», ma su tutti i Tg Antonio Catricalà, presidente dell’antitrust, ha dichiarato che è possibile un aumento delle tariffe ma è un dovere degli enti locali vigilare affinché i costi rimangano entro i limiti. Catricalà si sbaglia di grosso: con l’approvazione del decreto “salva- infrazioni”, la riforma sulla gestione dell’acqua, lo Stato si impegna a non superare la soglia del 40 per cento di partecipazione pubblica. Ciò significa che nel migliore dei casi lo Stato italiano NON potrà decidere quanto e dove si aumenteranno i prezzi, ma – ove verrà richiesto da “forze governative” e nel caso di massima partecipazione – mettere un veto che porti a nuove negoziazioni.

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