«Fin da ora ci impegniamo non solo a violare la legge con atti di disobbedienza civile. Quindi continueremo a fare il nostro mestiere. Racconteremo i fatti. E in base alla nostra capacità di selezionarli chiederemo di essere giudicati. Non dai tribunali costretti ad applicare le norme Bavaglio. Ma dai lettori.»
Questa citazione è di ieri, 11 giugno 2010, ed è stata scritta sul Fatto Quotidiano da Peter Gomez contro la legge sulle intercettazioni approvata al Senato col voto di fiducia.
«In una democrazia liberale chi governa per volontà sovrana degli elettori è giudicato, quando è in carica e dirige gli affari di Stato, solo dai suoi pari, dagli eletti del popolo.»
Quest’altra, invece, è datata 29 gennaio 2003 e l’ha detta Silvio Berlusconi in una dichiarazione a reti unificate dopo che la Cassazione aveva deciso di lasciare i processi Imi-Sir e Sme a Milano.
Come vedete entrambi vogliono essere giudicati dal popolo e non dai tribunali, quindi, in apparenza, differenze tra Peter Gomez e Silvio Berlusconi non ce ne sono. Naturalmente ce ne sono e pure tante, ma non per il motivo che dice Gomez.
La prima parte della procedura di approvazione del ddl contro le intercettazioni è stata approvato al Senato con 164 voti a favore e 25 contrari. I parlamentari del Pd hanno invece abbandonato l’aula in segno di protesta: «Questa è la morte della libertà». A parer mio questa NON è la morte della libertà, NON è una legge bavaglio e NON blocca l’informazione. E’ decisamente una cattiva legge, una bruttissima legge che restringe di tantissimo il diritto di cronaca. Ma non è un bavaglio all’informazione. Chiariamo: vietare la pubblicazione delle intercettazioni è qualcosa di talmente ridicolo che sfiora il delirio. Ma questa legge non vieta di fare informazione, dà le regole. Sbagliate.
Ci sono due diverse questioni che si possono ribattere, ed ognuna ha concause completamente diverse tra loro. Io dico la mia.
La parte omicida del ddl è quella delle pesanti sanzioni agli editori e ai giornalisti che violano le procedure pubblicando gli atti processuali non consentiti. Su questo punto esistono due versioni combacianti: quella dei giornalisti e del loro diritto di cronaca sancito anche dalla Costituzione (non è esattamente così, ma la Carta lo rende plurimo), e quello degli editori i quali si vedranno piombare addosso multe salatissime – e anche denunce penali se recidivi – in caso di inadempienza dei propri dipendenti. Il punto cruciale di tutto il dibattito sta qui, non sul blocco preventivo dei magistrati nel loro mestiere (anche) di intercettori, ma sulle multe ai giornali. Nessun editoriale si è soffermato nell’unico punto su cui dovremmo riflettere: sono i magistrati ad essere più penalizzati, non i giornali.
Gomez ha ragione a chiamare il popolo lettore per farsi difendere, ma se la sua sbrigativa descrizione del ragionevole dubbio si processa così, mi pare un tantino difficile associare il suo pensiero, e del Fatto, a quello del premier in altra circostanza. E poi, capiamoci, Peter Gomez parla per il sito del Fatto, non per il giornale, attenzione.
Qualche giorno fa, dicendo ad un amico le stesse cose che scrivo oggi, mi faceva presente che il sito e il giornale sono la stessa cosa. Sbagliato! Non ci sarebbe differenza se avessimo giornali ed editori affidabili politicamente. Non voglio generalizzare, ma vi faccio un esempio che secondo me è lungimirante. Il ddl passa anche alla Camera – si parla di fine giugno o al massimo al rientro delle vacanze – e quindi diventa legge: da quel momento in poi nessun giornale può più pubblicare atti processuali alla data dell’entrata in vigore della legge – che non è retroattiva. Significa che gli atti con data antecedente possono ancora essere pubblicati senza divieti. Quindi tutti i processi alla data odierna continueranno ad essere legiferati secondo la vecchia legge, mentre i processi che partono dalla data del ddl dovranno sottostare alle restrizioni. Bene, dunque, che succederà?
Succederà che fino a quando i processi più vecchi andranno avanti, tutti i giornali ci si butteranno sopra a pesce, mentre dei nuovi processi si potranno solamente pubblicare i dettagli riassuntivi. La domanda mi viene naturale: i giornali attueranno la politica della persuasione obbedendo alla legge, oppure, come dice Gomez, protesteranno con la disobbedienza civile?
Dopo averci pensato un bel po’ sono arrivato alla conclusione che il web diventerà fondamentale.
Vedremo spuntare un’immensità di nuovi siti web i cui intestatari saranno stranieri e la sede legale del giornale – perché è di questo che sto parlando – è all’estero. Indovinate chi saranno i veri proprietari?
Dato che la legge non vieta la diffusione di intercettazioni se pubblicate all’estero, molti giornali italiani utilizzeranno la tecnica del sito estero per ripubblicare in Italia le intercettazione in barba alla “legge-bavaglio” appena approvata.
Pensateci: i magistrati fanno ore e ore di sciopero e la stampa se li fila solo se l’articolo parla del bavaglio all’informazione; nessun giornale ha pubblicizzato la possibilità di riprendere un’intercettazione se quest’ultima è stata prima pubblicata all’estero; nessun giornale sostiene che nel paese manca una vera libertà d’informazione, ma tutti solidali nel dire che manca la pluralità dell’informazione.
Flavia Perina è la direttrice del Secolo e l’altro giorno, spiegando ai suoi lettori ed elettori perché è stata approvato il ddl, ha così scritto:
Provo a ricordare che qualcosa lo abbiamo cambiato: dai “gravi indizi di colpevolezza” si è passati ai semplici “indizi di reato”; dal divieto assoluto di pubblicazione di atti si è arrivati al diritto, sempre e comunque, alla cronaca per riassunto degli atti; dalla retroattività alla non-retroattività della legge; dai 75 giorni e basta ai 75 giorni prorogabili. Potevamo far meglio? Forse. Abbiamo dovuto inghiottire il rospo? Certo, era nel conto come sempre quando si fa politica anzichè populismo. La terza opzione era non far nulla e limitarci a far parlare gli intellettuali sui nostri siti, evitando di esporci in Parlamento. L’abbiamo scartata.
La legge, a parte le sanzioni agli editori, è completamente diversa da quella approvata alla Commissione Giustizia della Camera in cui si parlava per la prima vera volta – quella sì – di legge-bavaglio. Lo ribadisco, questa è una pessima legge, ma è migliore delle nostre più attese previsioni della vigilia.
Parliamone, ovunque, perché è importante: a sinistra i pensatori capaci e intelligenti esistono, che vengano fuori perché è questo il momento giusto.