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La nota del mattino Mercoledì 19 ottobre 2011

CON LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DEL 5 NOVEMBRE IN PIAZZA SAN GIOVANNI A ROMA IL PD LANCIA LA SFIDA ALLA DESTRA. SARA’ UNA FESTA DI POPOLO PER BATTERE LA VIOLENZA CHE HA FERITO ROMA.
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, non solo ha confermato ma anche rilanciato sull’appuntamento del 5 novembre in piazza San Giovanni a Roma. In nome del popolo italiano per battere Berlusconi e sostenere le proposte del Pd per l’alternativa di governo al berlusconismo. Ma non solo. Altro che leggi speciali ( ieri il ministro Roberto Maroni ha riferito al Senato ed ha proposto alcune norme di severità). Ci vogliono meno tagli alle forze dell’ordine. Capacità di prevenzione. Ma è decisivo che ci sia anche una festa di popolo, come vuol essere la manifestazione nazionale del Pd del 5 novembre aperta «a tutte le associazioni e a tutte le persone che vogliono manifestare anche non sotto le nostre bandiere», per riappropriarsi della piazza e battere la violenza che ha sfregiato Roma. Basterà la bandiera italiana e la costituzione, ha detto Bersani.
Da L’Unità. Dall’articolo di Simone Collini. «La faremo. In nome del popolo italiano. E sarà una grande festa di popolo». Pier Luigi Bersani, il giorno dopo l`annunciato divieto da parte del sindaco di Roma Gianni Alemanno a svolgere cortei in centro per prossimi trenta giorni, annuncia che la manifestazione nazionale del Pd prevista per il 5 novembre a piazza San Giovanni non subirà slittamenti. «Pensiamo che il modo per combattere la violenza non è restringere gli spazi della democrazia. Sarebbe un grave errore». Bersani è a Montecitorio mentre il ministro dell`Interno Roberto Maroni illustra al Senato la linea dura sui cortei come reazione all`inferno scatenato a Roma sabato dai black bloc. «Noi siamo contro legislazioni speciali», dice il leader del Pd. Bisogna affinare la normativa per prevenire meglio, le forze dell`ordine devono essere equipaggiate meglio e non devono essere massacrate come è stato finora dal governo». Ma non c`è solo questo, per quel che riguarda la manifestazione dei cosiddetti indignati, c`è anche un tema «politico e culturale» da tenere presente: «Quel movimento non ha avuto la possibilità di esprimersi e aveva invece alcune buone ragioni. Noi alcuni di quei messaggi vogliamo raccoglierli». A cominciare dal manifesto dei progressisti europei che vogliono mettere «in equilibrio» le ragioni dell`economia reale con i privilegi della finanza, che «deve essere messa al servizio delle operazioni, non al comando». Si parlerà anche di questo, alla manifestazione del Pd del 5 novembre, quando sul palco salirà anche il leader della Spd Sigmar Gabriel (un invito è appena partito anche per Francois Hollande). La giornata di San Giovanni (per la quale sono previsti anche momenti musicali) spiega Bersani, sarà aperta non solo ai militanti del Pd «ma a tutte le associazioni e a tutte le persone che vogliono manifestare anche non sotto le nostre bandiere»: «Basta la bandiera italiana e la Costituzione. Diremo la nostra sulla ricostruzione del Paese e sulla possibilità che l`Italia ha di riprendere il cammino. In piazza ci sarà la parola della fiducia. Faremo della manifestazione un grande appuntamento pacifico di popolo, sarà il nostro regalo a Roma, città capitale che da capitale ha sempre accompagnato l`evoluzione democratica del Paese».

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PD Day in Comina

Cari Democratici,

SABATO 15 OTTOBRE 2011 dalle ore 9.30 presso il Villaggio del Fanciullo, v.le della Comina 25 – Pordenone

si terrà una Assemblea provinciale aperta a tutti sui seguenti temi:

Lavoro ed Economia, per uscire dalla crisi

Ambiente, una risorsa per lo sviluppo

Federalismo e semplificazione amministrativa

Introdurranno:

Renzo Liva, Fabrizio Venier e Michele Padovese.

Parteciperanno:

il Sindaco di Pordenone Claudio PEDROTTI,

il Capogruppo in Provincia Giorgio ZANIN,

il Capogruppo in Regione Gianfranco MORETTON

e il vice Presidente Gruppo della Camera Alessandro MARAN

Vi aspettiamo numerosi!

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La propaganda del Governo sfugge dalla realtà

L’Espresso pubblica una bozza del libretto che il Governo invierà a settembre a tutte le famiglie italiane, rivendicando quanto di buono fatto in questi primi due anni di mandato. Berlusconi praticamente dirà cosa ha fatto il Governo… secondo il Governo.

L’economista Tito Boeri confronta la propaganda berlusconiana con la realtà dei fatti. E i fatti sono leggermente diversi.

“NON ABBIAMO AUMENTATO LE TASSE”
Ci mancava altro. In un periodo di crisi tutti i Governi si sforzano di abbassare le tasse o aumentare le spese per contenere la caduta del reddito. Il Governo ha comunque contravvenuto non solo alla promessa fatta in campagna elettorale di ridurre le tasse, ma anche a quella di non introdurre nuovi balzelli, mettendo in mostra notevole creatività nell’introdurre una serie di nuovi prelievi. Dalla Robin tax alla “porno tax”, alle tasse sui giochi , fino alla nuova tassa piatta, cedolare secca, sugli affitti. Bene rimarcare che tutto è avvenuto all’insegna della redistribuzione dai poveri ai ricchi, dai cittadini ai partiti. Le entrate della Robin tax sono andate a finanziare gli organi di partito. La cedolare secca sugli affitti, l’ultima arrivata, sostituirà una tassa progressiva (che tassa proporzionalmente di più chi ha redditi più alti) con una aliquota costante, uguale a tutti i livelli di reddito. L’ICI sulla prima casa abolita a inizio legislatura era quella che gravava sulle famiglie con immobili di maggiore valore. Insomma, un trasferimento dai ceti medi ai più ricchi. Un Robin Hood che opera scrupolosamente al contrario.

“IL PESO DELLO STATO SI E’ RIDOTTO”
Non si direbbe a giudicare dall’andamento della pressione fiscale, cresciuta dal 42,9 del 2008 al 43,2 per cento del 2009, come certifica l’ultima Relazione Unificata dell’Economia e Finanza Pubblica. Consapevole di questo fatto, il Ministro Tremonti in una recente intervista sul Sole24ore ha sostenuto che la pressione fiscale è aumentata perché è diminuito il pil. In realtà anche le entrate calano insieme al prodotto in un rapporto pressoché di uno a uno, quindi la pressione fiscale (il rapporto fra entrate fiscali e prodotto interno lordo) sarebbe dovuta rimanere almeno invariata. E un terzo della manovra appena varata consiste in incrementi delle entrate, anziché riduzioni della spesa pubblica. Ma il peso dello Stato non si è ridotto soprattutto perché la spesa pubblica in rapporto al reddito generato ha continuato a crescere. 34 miliardi in più nel 2009. Vero che la manovra appena varata contempla riduzioni di spesa. Ma saranno soprattutto a carico degli enti locali che hanno ampiamente mostrato in questi anni di ignorare i vincoli posti dal Governo. Le sanzioni per gli sforamenti sono troppo blande. I commissari delle Regioni che non rispettano i vincoli sono gli stessi Governatori in carica. Come dire che non c’è sanzione politica. Nel frattempo il debito degli enti locali continua a salire. Quello dei Comuni e delle Province ha raggiunto la cifra record di 62 miliardi, più di mille euro a cittadino. Nessuna traccia della riduzione del numero delle Province. E i tagli alla politica, tanto sbandierati sui media, si sono rivelati ben misera cosa. Tagli del 3,5 per cento agli stipendi dei parlamentari. Porteranno a circa 10 milioni di risparmi su di una manovra di quasi 25 miliardi. SI E’

“SI E’ CONTRASTATA L’EVASIONE FISCALE
Anche su questo terreno ci sono state virate a 180 gradi nell’azione di governo. Utili i ravvedimenti, meglio ancora se onerosi, vale a dire accompagnati da una autocritica. Purtroppo l’autocritica in questo caso non c’è stata. Peccato perché avrebbe dato un segnale di rottura col passato. E non è facile per un Governo che in questa legislatura ha varato l’ennesimo condono, lo scudo fiscale, guadagnarsi credibilità nel contrasto all’evasione se non da un forte segnale di svolta. L’inizio della legislatura è stato caratterizzato da un’operazione di sistematico smantellamento, presentato come “semplificazione”, di un insieme di strumenti, che potevano permettere all’amministrazione finanziaria di ottenere, per via telematica, informazioni utili ai fini del contrasto all’evasione. È stato, ad esempio, soppresso l’obbligo di allegare alla dichiarazione Iva gli elenchi clienti/fornitori, sono state abolite le limitazioni nell’uso di contanti e di assegni, la tracciabilità dei pagamenti, la tenuta da parte dei professionisti di conti correnti dedicati ed è stato soppresso l’obbligo di comunicazione preventiva per compensare crediti di imposta superiori ai 10mila euro. Salvo poi ritornare sui propri passi. La manovra appena varata ha, infatti, ripristinato la tracciabilità, anche se solo per transazioni superiori ai 3.000 euro. Il problema è che il Governo ha abbassato pericolosamente la guardia riducendo i controlli contro l’evasione fiscale e contributiva. Un esempio? Durante la passata legislatura gli Ispettorati del Lavoro erano stati potenziati, con l’assunzione di quasi 1500 ispettori. Tuttavia nel 2009 il numero di controlli sui posti di lavoro si è ridotto del 7%, come ammesso dal Ministro Sacconi nella sua audizione alla Camera il 29 aprile scorso. Il risultato è che nel 2009 il lavoro irregolare, quello che non paga tasse e contributi sociali, è ulteriormente aumentato secondo l’Istat, sorprendentemente anche nell’industria dove era fortemente calato negli anni precedenti. Non ingannino i dati sull’attività ispettiva diramati dall’Agenzia delle Entrate. Se aumentano le somme oggetto di accertamenti a fronte di minori controlli, ciò significa che l’evasione media è aumentata. Un risultato di cui c’è poco da essere orgogliosi.

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Economista cercasi

di Giacomo Lagona

Di economia ne capisco talmente poco, che il mio commercialista quando deve farmi la dichiarazione dei redditi, chiama direttamente l’ufficio paghe della mia azienda perché con me è solo fiato sprecato. Per cui, quando leggo sul Sole di oggi un articolo sulla crisi greca e un passaggio fa così:

Mentre il paese piangeva i suoi tre morti dopo i durissimi scontri di mercoledì ad Atene, il piano di austerità da 30 miliardi di euro in tre anni preparato dal governo per ottenere i 110 miliardi di aiuti Ue-Fmi è stato approvato dal Parlamento. Oggi il premier George Papandreou può andare al vertice di Bruxelles con l’obiettivo raggiunto, come aveva promesso. La Grecia cerca di mantenere gli impegni e non trucca più le carte, nonostante l’opposizione sociale sia elevatissima e il costo politico per il Pasok, il Partito socialista al potere, enorme.

il mio pensiero è: meno male, la Grecia potrà salvarsi! Però, sullo stesso giornale nella sezione dell’Italia, trovo un articolo che parla della prossima manovrina che si appresta a fare il governo Berlusconi, dove dice, cito testualmente:

Per centrare gli obiettivi programmatici, in linea con gli impegni assunti in sede europea, che vedono il deficit attestarsi al 3,9% del Pil nel 2011 e al 2,7% nel 2012, è in arrivo una manovra aggiuntiva sul saldo primario pari all’1,6% del Pil nel prossimo biennio. In termini assoluti, con il Pil 2010 a quota 1554,3 miliardi, si tratta di una correzione pari a 24,8 miliardi. In tal modo, sarà possibile intervenire sull’indebitamento netto tendenziale che, in mancanza di correzione, si attesterebbe al 4,7% del Pil nel 2011 e al 4,3% l’anno successivo.

Non capendo esattamente di cosa si parla, due cifre mi saltano immediatamente agli occhi: una manovra da 30 miliardi della Grecia per salvarsi e mantenere quanto promesso, e una manovra da 25 miliardi dell’Italia per mantenere gli impegni presi in Europa.

La mia domanda è semplicissima: se la Grecia sotto assedio e a rischio crac se ne esce con una manovra da 30 miliardi e probabilmente viene salvata dalla UE con 110mld in prestito, mi spiegate per cortesia in che stato siamo messi noi italiani dato che il governo deve fare la stessa manovra greca per lo stesso triennio? Cerco solo un’economista che mi spieghi, con parole semplici e chiare, perché nessuno ci dice che stiamo annaspando maledettamente pure noi. Chiedo troppo?

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Dove va Pordenone

DOVE VA PORDENONE

Analisi e proposte del Partito Democratico sulle prospettive economiche e sociali della provincia di Pordenone per i prossimi anni. Oltre la crisi riprendendo il cammino della crisi e dell’equità.

La provincia di Pordenone è una delle locomotive d’Italia e dell’area dell’alto Adriatico. L’obiettivo è mantenere anche nei prossimi anni la posizione di primato conquistata nei passati decenni di crescita.

Convegno pubblico del Partito democratico

Giovedì 25 febbraio 0re 18.00
Hotel Moderno
Pordenone

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Dal PD un piano nazionale Anti-crisi


Bersani propone: “Aiutiamo le famiglie e facciamo ripartire il PIL”. E sulle tasse: “Siamo l’unico paese OCSE senza imposte sui grandi patrimoni. Il governo spieghi perché e tagli le tasse alle piccole e medie imprese”. Fassina: “Facciamo ripartire l’export”

Per uscire dalla recessione serve subito un Piano Nazionale Anti-crisi che incrementi la domanda interna e torni a far crescere il PIL. E’ la proposta del PD contro il calo del PIL più forte degli ulttmi 40 anni, la perdita di un terzo della produzione industriale ed i 700.000 disoccupati in più dall’inizio della crisi. Lo ha proposto per Luigi Bersani durante l’intervento di chiusura di Manifutura denunciando “l’atteggiamento di minimizzazione del Governo di fronte ai problemi reali del Paese. Serve un intervento immediato per sollecitare la ripresa economica ed aprire il cantiere per le riforme strutturali. Il Partito Democratico è pronto a fare la sua parte e portare avanti le proprie proposte innanzi ad una presa in carico di responsabilità collettiva, ma serve un piano nazionale Anti – crisi, che il Pd è disposto a discutere insieme al Governo nelle sedi parlamentari”.

Negli ultimi venti mesi nei quali si è registrato esclusivamente un segno negativo nell’economia, l’Italia si è trovata disarmata, impreparata, di fronte ai problemi contingenti e la fase di ripresa non è ancora arrivata, ma è possibile risalire la china, afferma Bersani, purché si riparta dalla chiarezza, e il governo si decida ad ammettere che esiste un problema.

Invece preferiscono non agire, neanche sul taglio delle tasse, annunciato a gennaioe già dimenticato, o su un riequilibrio delle stesse, dato che sono i più ricchi a pagarne di meno per via dell’evasione. Bersani non è d’accordo con la patrimoniale, ma evidenzia come “l’Italia sia l’unico paese Ocse che non ha una tassa sui grandi patrimoni. Non chiedo una tassa partimoniale. Non sono d’accordo ma mi aspetto che qualcuno mi spieghi perchè siamo l’unico paese Ocse che non ha una tassa sui grandi patrimoni. Bisogna che Tremonti ci spieghi perché”. In tema di fisco Bersani ha chiesto una semplificazione del sistema e un riordino della discussione: dal governo “arrivano sparate sempre diverse su come tagliamo l’Irap o tagliamo le aliquote e poi non succede niente. Bisogna fare un’operazione di semplificazione in particolare per le piccole e medie imprese, dato che il vero obiettivo è mettere un po’ di soldi in tasca alle imprese. Soluzioni ce ne sono 5 o 6: o rinviando la manovra sul Tfr, o agendo sugli adempimenti fiscali o lavorando sui pagamenti della pubblica amministrazione. Ma facciamolo ora, perché le imprese sono in una grave difficoltà di liquidità”

Il piano proposto da Bersani si articola in due linee d’azione. La prima con un impatto di breve periodo, vuole incrementare la domanda interna agendo sia sui consumi delle famiglie, sia sugli investimenti delle imprese, attraverso tre misure una tantum:
1) l’estensione del sostegno al reddito alle persone che hanno perso il posto di lavoro e sono privi di indennità di disoccupazione o hanno un’indennità in via di esaurimento. Si tratta ad oggi di oltre 250.000 lavoratrici e lavoratori sotto i 40 anni d’età, provenienti da rapporti di lavoro precari o con un assegno di cassa integrazione in via di esaurimento e senza alcuna prospettiva di occupazione a breve;
2) l’allentamento del Patto di Stabilità Interno per consentire la spesa in conto capitale ai Comuni;
3) il finanziamento dei consorzi fidi per alimentare i crediti alle micro e piccole imprese.
La seconda linea d’azione prevede interventi strutturali di medio periodo, per innalzare il Pil potenziale e la produttività di quei fattori economici che da 20 anni sono invece in graduale ma continua caduta attraverso:
1) un ventaglio di vere riforme strutturali -non tagli ciechi come quelli fatti dal Ministro Gelmini nella scuola o spot demagogici sulla disoccupazione giovanile del Ministro Brunetta- che partano dalla regolazione dei mercati, fino alle pubbliche amministrazioni, alla scuola, al welfare, al fisco;
2) interventi strategici di politica industriale;
3) investimenti per le infrastrutture sul territorio.
Misure da inserire in un “Piano Europeo per il lavoro”, da promuovere verso i partner comunitari, così che le proposte vadano incontro anche alle indicazioni del Governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che ha ben descritto il circolo vizioso nel quale siamo caduti: se non si interviene sul potere d’acquisto delle famiglie, l’occupazione non riprende e, quindi, non si materializzano le aspettative di crescita, pur modeste, per il 2010. I vincoli di finanza pubblica non solo non giustificano l’inazione, ma proprio nell’inazione della politica economica rischiano di saltare.
“Continuare a ridimensionare i problemi del Paese, ha il risultato di aggravarli ulteriormente – ammonisce Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro della segreteria nazionale del Pd – per affrontare il drammatico crollo delle esportazioni, dovuto all’andamento delle domanda globale e non all’arretramento delle nostre imprese esportatrici, è necessario un doppio movimento, come proposto nel
piano nazionale anticrisi chiesto da Bersani. Da un lato, misure immediate a sostegno della domanda interna. Dall’altro, riforme strutturali per promuovere la produttività totale dei fattori e la competitività. Il governo non può stare a guardare sperando che passi la nottata..”

Finché c’è vita c’è speranza

di Giacomo Lagona

Chiuso per sfigaNella notte tra lunedì e martedì scorso, presso gli stabilimenti della Agile/Omega di Roma (l’ex Eutelia) c’è stata un’irruzione di alcuni vigilantes mandati dall’ex amministratore Samuele Landi per sgomberare i lavoratori da mesi in mobilità e che occupavano lo stabilimento regolarmente. La grave vicenda è stata filmata dalla troupe di “Crash”, il programma condotto da Federico Ruffo su Rai Educational, ed è quindi facilmente intuibile quali saranno le conseguenze per l’amministratore e i vigilantes “squadristi”.

Questa vicenda mi ha dato lo spunto per capire come siamo messi in provincia di Pordenone con la grave crisi che in cui ci troviamo, e quali siano le conseguenze per l’occupazione e l’economia locale.

L’Ideal Standard di Orcenico di Zoppola a luglio preventivava di mettere in cassa integrazione circa 500 lavoratori. Durante il mese di ottobre, questi 500 cassintegrati si erano trasformati in 180 licenziamenti, fortunatamente le trattative tra azienda, regione e sindacati, pare abbiano portato a dei contratti di solidarietà per i dipendenti licenziati.

La SIAP di Maniago era in cattive acque da molti mesi, è quindi sembrato abbastanza normale che a settembre i vertici del gruppo Carraro abbiano deciso di mobilitare 167 dipendenti. In tutta questa storia di normale però c’è stata solamente la manifestazione per le vie di Maniago, la prima dopo la scesa in piazza dei coltellinai maniaghesi dal 1974. Anche in questo caso la regione si è attivata, ma finora di risultati favorevoli per i lavoratori non ce ne sono stati.

La situazione più spinosa è però quella della Super//Fluo, la ex Seleco di Pordenone. A fine 2008 l’azienda di Tv Lcd – con sede unica a Pordenone, è bene ricordarlo – aveva stupito per i nuovi modelli di Tv”con le ali” e dalla lucetta integrata all’elettrodomestico. Però l’agguato era dietro l’angolo: già a marzo la proprietà aveva annunciato che la crisi stava risucchiando anche loro nelle sue spire. Dapprima si vociferava per un concordato, poi di eventuali partner commerciali o in grado di acquisire l’azienda, successivamente si è capito che c’era in realtà un problema nella gestione dei marchi (Imperial, Seleco, Brionvega) compreso quello di SmartTv e Sim 2. Nel frattempo la SmartTv va in liquidazione e i sindacati si trovano a fronteggiare una difficile situazione occupazionale: da un lato i 97 dipendenti Seleco-Formenti in cassa integrazione da giugno, dall’altro i patti rispettati da Sim 2 con l’organico in attività fino a settembre di quest’anno. Da fine ottobre la situazione è un divenire continuo.

In questo massacrante 2009 sono stati bruciati 1100 posti di lavoro dall’inizio dell’anno: quasi 500 l’Electrolux, 147 l’ex Eco, 97 la Seleco, 50 la Savio, altri 50 il gruppo Sintesi a Spilimbergo, l’Ilpea trasferendosi a Orcenico ha fatto saltare 30 posti di lavoro, 70 l’Emmezeta e se contiamo i non ancora definiti accordi per l’Ideal Standard, i conti tornano perfettamente. A Cordenons addirittura un’azienda ha deciso l’autofallimento con la conseguenza che 20 dipendenti rimarranno presto a casa.

I dati provinciali parlano di un più 1100% di cassa integrazione ordinaria, dati relativi al periodo settembre 2008/settembre 2009. La cassa integrazione ordinaria è passata dalle 209 mila ore di gennaio-settembre 2008, ai 2 milioni e mezzo di ore dello stesso periodo di quest’anno: in termini assoluti quasi 2,3 milioni di ore in più, ovvero + 1.097,6%. La media regionale è invece ferma “solo” al 145%. C’è di che sperare per il futuro…