di Giacomo Lagona

Come molti di voi già sanno, a maggio si svolgeranno le elezioni politiche anche nel paese della Regina Elisabetta: i candidati, come al solito, saranno da scegliere tra i Labour di Gordon Brown e i Tories di David Cameron. Ai due partiti storici va ad aggiungersi un terzo, che, anche se presente praticamente da sempre nella scena politica anglosassone, solamente quast’anno ha serie possibilità di fare da contrappeso tra laburisti e conservatori: parlo dei Lib-Dem, i liberal-democratici di Nick Clegg.
Dopo tredici anni di governo ininterrotto della sinistra inglese – prima con Blair e poi con Brown – da qualche anno anche i conservatori hanno portato una ventata di modernità nell’austera terra di Re Giorgio. Il nome che i Tories buttano nella mischia è quello di David Cameron, giovane politico rampante diversissimo dai canoni conservatori inglesi a cui siamo abituati. La sua biografia dice che proviene dalla facoltosa borghesia britannica e come da prassi ha studiato nella prestigiosa scuola privata di Eton. La sua elezione a leader dei Tories è avvenuta soprattutto per dare voce al bisogno di un ricambio generazionale tra i conservatori a seguito delle tre sconfitte elettorali consecutive (1997, 2001, 2005) subite ad opera del Partito Laburista di Tony Blair. Dotato di un carisma notevole, David Cameron ha mostrato immediatamente il ricambio generazionale di un partito sempre più considerato espressione di idee sociali superate, e certamente la sua dichiarata passione per i Radiohead e gli Smiths, assieme ad un linguaggio giovanile e affabile, ha fatto capire al popolo inglese le sue idee che fino a quel momento erano associate ad una Gran Bretagna più moderna simile a quella lasciata da Tony Blair: il totale abbandono di riferimenti discriminatori verso minoranze sessuali; politiche ambientali più responsabili e sostenibili; la possibilità di legalizzare le droghe leggere e la difesa della sanità pubblica. Sono solo alcune delle proposte messe sul tavolo da Cameron per le elezioni di maggio. Insomma, un conservatore dal volto liberal. Quest’anno è sempre stato in testa a tutti i sondaggi d’opinione, quindi risulta il candidato da battere. Inoltre, per dare un ulteriore segno di cambiamento, ha deciso di inviare in Polonia Nick Herbert, l’omosessuale di rango più alto nel suo partito con l’obiettivo di incoraggiare il partito ultraconservatore Diritto e giustizia – il partito di Lech Kaczynski, alleato dei conservatori nel parlamento europeo – ad abbandonare le proprie posizioni razziste e omofobiche.
Gordon Brown ormai è un’icona dei Labour inglesi. Negli anni dell’ultimo mandato di Tony Blair – ovvero tra il 2002 e il 2005 – la vita politica di Gordon Brown subì un’impennata spropositata tanto che Time lo inserì tra le 100 persone più influenti del 2005 a scapito di Blair allora ancora Primo Ministro. La carriera politica di Brown spicca anche per l’incarico di Cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del Ministro dell’Economia) per dieci anni consecutivi durante il governo Blair. Tra le cose che l’attuale Primo Ministro fece come capo economico inglese fu quella di dare, a sorpresa, alla Bank of England l’indipendenza economica di condurre la politica monetaria, e quindi la responsabilità di decidere i tassi di interesse. Dal punto di vista fiscale si è dimostrato un personaggio insolitamente influente sui dettagli dei piani di spesa del governo. La politica elettorale Laburista di non alzare le tasse per redditi medi e alti si venne a scontrare con la sua decisione di allineare l’assicurazione nazionale (una tassa per sostenere il sistema sociale nazionale) con il livello di tassazione, e quindi di alzare il contributo dell’assicurazione di un punto percentuale colpendo così tutti i tipi di reddito con l’eccezione delle rendite e delle pensioni. Questa azione, con l’aumento delle rendite fiscali, gli ha portato l’accusa di aver imposto delle “tasse fantasma”. È ampiamente considerato uno tra i meno entusiasti sostenitori dell’Euro nel governo Blair, e pare che abbia avuto scontri con altri membri del Gabinetto più eurofili ma allo stesso tempo è stato più volte affermato che il suo Cancellierato ha visto il più lungo periodo di crescita economica del Regno Unito. Con le dimissioni di Tony Blair il 27 giugno 2007, Gordon Brown ha cessato di ricoprire la carica di Cancelliere dello Scacchiere ed ha assunto quella di Primo Ministro lo stesso giorno, dopo essere stato ufficialmente nominato dalla Regina Elisabetta II. Come tutti i Primi Ministri, Brown è attualmente Primo Lord del Tesoro e, pertanto, membro del Consiglio Privato.
Il terzo candidato alla carica di Primo Ministro è l’esordiente Nick Clegg dei Lib-Dem. La biografia di Clegg è finora molto scarna, di lui si sa solo che il primo importante successo elettorale fu come consigliere nell’East Midlands, incarico coperto dal 1999 al 2004. Fu in seguito eletto parlamentare nel collegio di Sheffield Hallam nelle elezioni del 2005, e quindi nel 2006 divenne il portavoce del partito per la politica interna. Dopo la breve permanenza di Menzies Campbell alla guida del partito, seguita alle dimissioni di Charles Kennedy, Clegg gli succedette nel dicembre 2007, vincendo la concorrenza di Chris Huhne. Il 30 gennaio 2008 è stato nominato membro del Consiglio Privato di Sua Maestà.
Ha scritto diversi libri di argomento politico, e dopo essersi diplomato alla Westminster School di Londra, Clegg studiò archeologia e antropologia al Robinson College di Cambridge; perfezionò quindi i suoi studi alla University of Minnesota e al Collegio d’Europa. Curiosità: si è scoperto che Nick Clegg da ragazzo ha vissuto per un periodo a New York, e faceva lo stagista di Christopher Hitchens, noto commentatore per Vanity Fair, The Nation e Slate, attualmente columnist per il Wall Street Journal nonché – occasionalmente – esperto di affari correnti americani sulle colonne del quotidiano britannico Daily Mirror. Settimana scorsa inoltre hanno trovato in un taxi alcuni appunti e promemoria di Nick Clegg sul dibattito elettorale di cui parlerò sotto.
Per la prima volta nella storia delle elezioni a premier, in UK ci saranno tre dibattiti elettorali in tv: il 15, il 22 e il 29 aprile. Nel primo si è parlato di politica interna e a sorpresa ha vinto Clegg sottraendo diversi consensi non solo ai laburisti logorati da tredici anni di governo, ma anche ai conservatori per l’unico motivo che Cameron si trova ormai nella scomoda posizione di vincitore annunciato. E se da oltre un anno il suo slogan “Vote for change” ha praticamente tappezzato l’intera isola, Cameron ha fatto l’errore di strategia nel pensare che se un cambiamento ci deve essere, perché gli inglesi non dovrebbero votare Clegg unico vero cambiamento? Gordon Brown in questo primo confronto è stato inesistente e molto poco a suo agio in un dibattito con le domande dal pubblico. Le impressioni italiane sono state che tutti e tre candidati sembrano leghisti, anzi, i leghisti rispetto a loro sono dei principianti con l’attenuante non da poco che non considerano l’immigrazione come la madre di tutti i mali. Altro punto importante sono state le spese dei parlamentari e l’aumento della criminalità negli ultimi mesi, cosa che Brown non ha saputo ribattere perché direttamente interessato. Notevole è stato il “Wonderful, wonderful thing” di Cameron parlando del sistema sanitario nazionale del quale solo dieci anni fa sarebbe stato semplicemente impossibile accennarne per un conservatore. Conclusioni: paradossalmente Clegg è sembrato quello con l’atteggiamento più da leader, tranne quando cadeva (spesso) nel populismo del taglio delle spese inutile e della burocrazia; Cameron era l’uomo da battere, ma con un Clegg fautore del”Trust your instincts” c’era poco da fare… e infatti; Brown ha perso malamente l’opportunità di ridurre lo svantaggio da Cameron, ma senz’altro al prossimo dibattito prenderà le misure dal novello Robin Hood.
Nel secondo dibattito elettorale si è parlato di politica estera. Si è parlato di Afghanistan, Iraq, Unione Europea, naturalmente di Stati Uniti, ma anche di terrorismo e immigrazione senza dir nulla di più di quel che scritto sui loro programmi elettorali: blandi. Secondo il Times e il Telegraph il dibattito è stato vinto da David Cameron, mentre secondo il Guardian e l’Independent si è trattato della seconda vittoria di file per il liberaldemocratico Nick Clegg. Tutti d’accordo che il primo ministro uscente Gordon Brown è uscito nuovamente con le ossa rotte non riuscendo a mettere in difficoltà gli avversari e soprattutto non sapendo ricolmare i gradi di separazione da Cameron.
Clegg è diverso dalla natura politica inglese: europeista convinto, contrario all’intervento militare in Iraq, molto severo con Israele, è stato più volte accusato da Brown e Cameron di essere antiamericano. Gordon Brown è il solito marpione di politico pragmatico e concreto, sia quando parla di Europa e Stati Uniti, sia quando indica la sua strategia per combattere la crisi economica e il terrorismo. David Cameron ha ringiovanito tantissimo i Tories, ma la politica estera è rimasta tale e quale degli ultimi vent’anni: isolazionisti e anti-europei, hanno lasciato il Ppe per unirsi negli scorsi mesi a un gruppo pieno di partiti di estrema destra cosa di cui Brown e Clegg lo hanno sbeffeggiato fino alla fine. Ma il paradosso è che su questi temi Cameron è sembrato più convinto dei suoi avversari. Potere dei media.
Nelle conclusioni finali Nick Clegg ha fatto l’Obama in versione english: “Ci sono persone che stanno diffondendo la paura per fermare il cambiamento. Invece sta succedendo qualcosa di eccezionale: la gente sta cominciando a crederci, sta cominciando a sperare che questa volta le cose possono andare diversamente. Non lasciate che qualcuno vi dica che le cose non possono cambiare. Possono“.
“It can”, giusto perché “Yes, we can” ha il copyright obamiano.
I sondaggi d’opinione seri non si sono ancora pronunciati, quindi non si sa se Cameron abbia ripreso a trainare i conservatori verso il 10 di Downing Street oppure se Brown regge al punto da conservare la corona di Primo Ministro. Clegg permettendo naturalmente.
Un’ultima considerazione è sul sistema elettorale inglese: in UK vige il bipolarismo assoluto, per cui un partito come i Lib-Dem che guadagnano mediamente il 20 per cento nei consensi, in Gran Bretagna beccano pochissimi seggi. Un esempio nostrano: hanno il doppio dei voti della Lega ma contano quanto il SudTirol VolksParteit. E questo la dice lunga sui pregi e i difetti del bipolarismo secco.
Il 29 ci sarà l’ultimo scontro televisivo sull’economia, e senza grosse novità il 6 maggio Cameron sarà il nuovo Primo Lord della Tesoreria e Primo Ministro del Regno Unito. Naturalmente saremo lieti di sbagliarci con Brown (molto) o con Clegg (poco).
Fonti:
Wikipedia
ilpost.it
francescocosta.net
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