Due uomini tengono a galla l’Italia. Giorgio Napolitano e Mario Draghi sono gli unici italiani che in queste ore possono muoversi a livello internazionale con forza e credibilità.
Continua a leggere

Due uomini tengono a galla l’Italia. Giorgio Napolitano e Mario Draghi sono gli unici italiani che in queste ore possono muoversi a livello internazionale con forza e credibilità.
Continua a leggere
316 sì, 301 no: Berlusconi ha di nuovo avuto la fiducia della Camera. Risultato abbastanza prevedibile dopo le dichiarazioni esplicite di Scajola che aveva annunciato il voto favorevole suo e di altri. Nonostante ciò, il sostegno al Governo è diminuito rispetto alle ultime occasioni per l’assenza di alcuni colleghi del centrodestra che hanno disertato, rendendo così evidente il loro malessere, la domanda di discontinuità.
La tattica parlamentare adottata dalle opposizioni in questo passaggio ha messo in luce due elementi: in primo luogo la possibilità, non scontata, di unire tutte le forze che oggi considerano il Governo Berlusconi un danno e una zavorra per il Paese. In secondo luogo la drammatica pochezza degli argomenti del Premier e dei parlamentari che ancora lo sostengono….L’aula a metà ha reso ancora più grande il vuoto di contenuti riformatori di Berlusconi e ha manifestato plasticamente che nella politica come nella società progressisti e moderati possono “fare delle cose insieme”. Con molta cautela, con i soliti distinguo (tra cui quello per nulla comprensibile della delegazione radicale), questo passaggio ci ha detto che è possibile e necessario, per battere il berlusconismo culturalmente prima ancora che elettoralmente, uno schieramento di forze politiche e sociali ampio e che il Pd è oggettivamente il baricentro di una simile alleanza. Serve uno sforzo per tessere relazioni politiche e sociali su cui fondare il progetto per l’Italia di domani. L’euforia di Berlusconi e i suoi per la fiducia di oggi non durerà a lungo e soprattutto non dà nessuna risposta ai problemi reali della società italiana. Presto molto presto saremo chiamati – in un modo o in un altro – ad assumere la responsabilità di indicare noi la via d’uscita.
IL VOTO SUL RENDICONTO DELLO STATO E’ UN COLPO MORTALE. BERLUSCONI TENTA DI EVITARE LE DIMISSIONI PER DARLE A GENNAIO E ANDARE A ELEZIONI GUIDANDO LUI IL GOVERNO. MA LA PARTITA E’ APERTA.
Il voto sul rendiconto dello Stato non è un semplice incidente di percorso. Perché senza quella legge di fatto non c’è la fiducia del Parlamento al governo. Dal Corriere della Sera. “Esistono due precedenti, solo simili al voto di ieri. Uno risale ad oltre 20 anni fa, ed è il caso che portò alla fine del governo Goria. Non prima, però che l`emendamento al bilancio preventivo, bocciato, venisse più volte ripresentato, modificato, dal governo di allora, che subì per quattro volte lo stesso voto negativo. L`altro riguarda il presidente del Consiglio Andreotti, che senza sottoporsi allo stesso stillicidio di Goria, salì al Colle a dimettersi. Il cammino ora è a ostacoli anche per il governo Berlusconi che si è cacciato in un vero cui de sac regolamentare sul Rendiconto generale dello Stato. Infatti questa volta si tratta non del bilancio preventivo, ma di quello consuntivo di tutta l`attività delle amministrazioni pubbliche, cioè del documento che espone le risultanze delle entrate e delle spese dello Stato sia dal punto di vista finanziario che patrimoniale, e che quest`anno doveva illustrare gli effetti dell`andamento crescente dello spread sui titoli pubblici e dei numerosi e successivi aggiustamenti estivi alla manovra. Come se ne esce? Il presidente Gianfranco Fini ha già detto che intende ascoltare al riguardo la Giunta del regolamento della Camera, anch`essa da lui presieduta, e in cui le opposizioni, compreso Italo Bocchino di Fli, possono contare sulla maggioranza di 6 voti contro 5. Anche a prescindere dal voto del presidente. Continua a leggere
Oggi pomeriggio dalle 17 il Presidente del Consiglio parlerà alle Camere. I mercati non si aspettano nulla da ciò che dirà Berlusconi, mentre il Pd si aspetta le dimissioni o un cambio di governo senza continuità con l’attuale esecutivo.
Il direttore del Corriere della Sera De Bortoli, nel suo editoriale di oggi, si schiera con l’unica linea ormai da seguire: le dimissioni o un serio cambio di rotta.
Come possono i mercati fare affidamento su provvedimenti subito smentiti da una parte della maggioranza che li ha votati? E perché mai devono aver fiducia in un esecutivo che concentra la propria azione sul processo lungo o sul trasloco di tre stanze ministeriali a Monza? Una maggioranza che non governa è un unicum costituzionale, ma oltre a fare male al Paese scava la fossa a se stessa.
Il minimo che ci si possa attendere oggi è l’indicazione di un percorso concreto. L’ascolto delle richieste delle parti sociali. L’assunzione di alcuni impegni precisi che non si potranno disattendere. E se ciò accadesse ancora, allora sarebbe opportuno che il premier ne traesse le doverose conclusioni dimettendosi. […]
I consigli e l’appoggio della Banca d’Italia sono indispensabili. Privatizzare e liberalizzare con decisione, ridurre drasticamente il costo della burocrazia e della politica. L’adozione di misure eccezionali, anche se dovesse comportare sacrifici per imprese e famiglie, sarebbe accettata a fronte di una ripresa degli investimenti e di prospettive meno incerte sul versante della crescita. Interventi più incisivi sul mercato del lavoro e sul sistema previdenziale potrebbero avere come contropartita maggiori opportunità di occupazione per i giovani, sostegni agli investimenti, certezze per le imprese. Una volta tanto si chiede al premier di pensare solo al Paese.
Con riferimento all’annuncio del Presidente del Consiglio On. Silvio Berlusconi di inviare ad ogni famiglia italiana il libro “Due anni di governo“, mi preme comunicarVi che desidero assolutamente NON riceverlo, essendo un mio diritto in base alla legge per la tutela della privacy n. 675/1996 ed il relativo D.P.R. n. 501/1998, nella fattispecie articolo 13 comma e), e che la spesa relativa che si risparmierà venga messa a disposizione del Ministero della Pubblica istruzione e/o del Ministero della Sanità.
Ringraziando per l’attenzione porgo distinti saluti.
Membri del Circolo del Partito Democratico di Cordenons
Puoi inviarla a Berlusconi tramite il sito del Governo.
Il ministro del nulla, Aldo Brancher, si è dimesso. Non si sa bene da cosa, visto che le deleghe non le conosce nemmeno lui, però si sa bene il perché: evitare il voto di sfiducia alla Camera che aveva chiesto il PD.
Il passo indietro di Brancher non servirà a salvare il governo dalla palude. Enrico Letta, vicesegretario del PD, ha evidenziato come le contraddizioni in seno alla maggioranza stiano “esplodendo” mentre Bersani ha lanciato un avvertimento: “Se non ce la fanno, bisogna pensare a qualche altra ipotesi. Ghe pensi mi non è la medicina, è la malattia“. Se non sono in grado di governare, insomma, la palla deve passare al Quirinale.
Aldo Brancher, non è più ministro, si è dimesso anche se non sappiamo da cosa, visto la mancata pubblicazione delle deleghe nella Gazzetta Ufficiale, prima di arrivare al voto sulla Mozione di sfiducia nei suoi confronti, in calendario alla Camera il prossimo 8 luglio, sottoscritta da tutti i deputati del Pd e dell’Idv.
Non ha voluto rischiare di far cadere il governo, il fido ministro, perché questo sarebbe potuto accadere se ci fossero state delle “defezioni” da parte della sua stessa maggioranza. E, cosa alquanto singolare, ha annunciato le proprie dimissioni dall’aula del tribunale in cui è in corso il processo nel quale è imputato insieme alla moglie.