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La guerra in Pakistan alla luce del sole

Oggi Wikileaks – sito web specializzato nella pubblicazione di documenti militari e di intelligence coperti da segreto – pubblica 92mila rapporti assolutamente top secret del governo americano su migliaia e migliaia di missioni degli 007 statunitensi che parlano della guerra in Pakistan e Afghanistan. Wikileaks però non divulga da solo questi memorandum compromettenti, li offre in esclusiva ai tre più importanti giornali attualmente esistenti: l’americano NewYork Times, l’inglese Guardian e al settimanale tedesco Der Spiegel.

Nella maggior parte dei resoconti si scopre che Islamabad fa il doppiogioco prendendo soldi, aiuti umanitari e militari dagli alleati occidentali, e li passi, quasi alla luce del sole, ai talebani a cui ufficialmente fa la guerra. Che siano qualcosa di sconvolgente, i rapporti dell’intelligence americana, è comprovata dall’elevatissimo numero di vittime civili indicate nei dossier datati tra il 2004 e il 2009. Si parla di «militari e funzionari dell’intelligence che descrivono operazioni letali che hanno coinvolto gli Usa»; la parte riguardante i cosiddetti «danni collaterali», come li definì l’ex capo del Pentagono Rumsfeld, elenca 144 episodi in cui sono rimasti uccisi almeno 195 civili e 174 i feriti estranei al conflitto, di raid aerei contro covi talebani che nella realtà non lo erano, uccisioni di automobilisti inermi scambiati per kamikaze come ad esempio l’autobus pieno di bambini colpito dai francesi nel 2008 con otto feriti, o quell’altro colpito in pieno dai mitra americani che ferirono 15 passeggeri. E ancora: nel 2007 i militari polacchi, apparentemente per vendetta, bombardarono una festa di matrimonio uccidendo anche una donna incinta.

Obama, e la sua politica militare, sono nell’occhio del ciclone. Ma dalla Casa Bianca arriva la smentita che i piani strategici del presidente non coincidono con le date dei dossier, ma nel frattempo condanna seccamente la fuga di notizie definendole da irresponsabili per l’enorme pericolo a cui inevitabilmente si troveranno i militari Nato in quella zona. Ma Wikileaks denuncia le fonti ufficiali perché descrivono il Pakistan come un alleato sincero, mentre dai rapporti si legge che contrattaccano al doppiogioco dei servizi segreti pakistani. Insomma, buon viso a cattivo gioco.

Le pagine dimostrano come le reali capacità belliche pakistane vengano offuscate da notizie assolutamente false date in pasto ai media per non preoccupare il popolo americano. Come ad esempio l’accertata acquisizione di missili terra-aria da parte dei talebani; come l’alleanza occidentale stia usando sempre più frequentemente i droni Reaper per cacciare e uccidere i bersagli talebani controllandoli da una base nel Nevada, ma spesso diventano ingovernabili scontrandosi addirittura tra loro con un dispendioso uso di mezzi e uomini per il recupero; oppure di come i talebani abbiano causato tantissime stragi tra civili attraverso una serie di attentati esplosivi per le strade uccidendo 2000 persone fino a oggi. I talebani hanno usato missili a ricerca di calore contro gli aerei alleati, un fatto non rivelato pubblicamente dai militari, perché questi missili, di fabbricazione occidentale, sono quelli che i mujaheddin afghani usavano durante l’occupazione sovietica negli anni ottanta. Le segrete Task Force 373 – operativi speciali dell’esercito e della marina – che servivano a stanare i comandanti ribelli sotto la speciale lista di vivi o morti, a differenza delle numerose vittorie sbandierate dalle fonti ufficiali, hanno per lo più fallito e aumentato il risentimento degli afghani nei confronti degli alleati.

E proprio nel giorno in cui Wikileaks denunciava l’alto numero di civili vittime di «fuoco amico», le autorità afghane rendevano nota l’ennesima strage Nato di innocenti. Cinquantadue persone sono rimaste vittima di un tragico errore da parte dei militari alleati nella provincia meridionale di Helmand. Il fatto risale a pochi giorni fa. Nel distretto di Sangin un reparto misto afghano ed internazionale si è scontrato duramente con i talebani. I media afghani hanno raccolto testimonianze di persone rimaste intrappolate nel fuoco incrociato, ricoverate con ferite in ospedale. È emerso che un razzo è stato lanciato su una casa nel villaggio di Rigi, uccidendo decine di individui inermi che vi si erano rifugiati. Naturalmente subito si è levata la protesta del presidente Karzai contro questo ennesimo errore, ma subito è arrivata la controreplica dell’Ammiraglio Greg Smith, direttore delle Comunicazioni dell’Isaf: «Qualsiasi congettura sull’esistenza di vittime civili è assolutamente infondata. Stiamo svolgendo una esaustiva indagine congiunta con i nostri partner e riferiremo tutte le conclusioni quando saranno disponibili».

L’alto numero di morti civili aveva fatto capire all’ex capo delle forze Isaf in terra afghana, Stanley McChrystal da poco dimessosi su “consiglio” di Obama, di impartire nuovi e più caute istruzioni come la riduzione dei raid aerei notturni e l’eliminazione quasi totale dei blitz nei villaggi afghani per cercare i ribelli.

Come se la denuncia di Wikileaks fosse un ulteriore prova della bontà afghana, il presidente Karzai ha sottolineato la tradizionale posizione nazionale in base alla quale «il successo contro il terrorismo non si ottiene lottando nei villaggi afghani, ma colpendo i santuari e le fonti ideologiche e finanziarie che si trovano oltre frontiera». Ovvero in Pakistan, tanto per non smentirsi. Dopo la “Top Secret America“, la stagione degli scandali obamiani pare non finire mai.

(Giacomo Lagona per Agoravox Italia)

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Operazione Top Secret

National Security Inc. è il titolo dato all’inchiesta sul Washington Post del premio Pulitzer Dana Priest assieme a William Arkin sull’America dei servizi segreti e su tutto ciò che riguarda l’intelligence e l’antiterrorismo statunitense. Due anni di indagini hanno portato la Priest e il suo collega Arkin a scoprire un America post 11 settembre “Top Secret”, un America fatta di sperperi e palazzi del potere nati solo per soddisfare l’ego delle agenzie investigative, pubbliche e private, cresciute con la fobia-attentati degli americani.

854mila persone, 1.271 uffici governativi e 1.931 agenzie private che operano nell’antiterrorismo. Sono questi i numeri ufficiali dell’immensa bolgia dell’intelligence statunitense, e a questi numeri vanno ancora aggiunti insegnanti di lingue esotiche, esperti informatici, addetti alla telefonia e ai condizionatori d’aria, segretarie, bibliotecari, architetti, carpentieri, operai edili, meccanici, custodi e il resto dell’indotto di questa economia della segretezza concresciuta su se stessa nell’era Bush e proseguita con l’amministrazione Obama.

Nella sola città di Washington gli uffici a prova di intercettazione occupano uno spazio pari a tre Pentagoni e a 22 Campidogli. Non contando le oltre 10mila sedi distaccate per le “missioni” all’estero, con i loro militari e agenti federali. Vengono stilati circa 50mila rapporti top secret all’anno, si intercettano, analizzano e archiviano e-mail per un totale di 1.700 milioni, migliaia di telefonate e altre comunicazioni al giorno, tutte conservate in 70 database separati e selezionate in 63 siti web.

«Rapporti spesso non letti, per cui il lavoro è diventato così imponente, scarsamente maneggevole e sempre più segreto che nessuno sa quanto denaro costi, quanta gente esattamente impieghi, quanti programmi comprenda, quante agenzie svolgano lo stesso lavoro», scrivono i due giornalisti. Intervistando il generale in pensione John R. Vines, viene evidenziato come «manca una sincronia e in mezzo ad una dissonanza di messaggi l’effetto non può che essere una riduzione di efficacia e lo spreco». Lo stesso Segretario alla Difesa Robert Gates dice che «è difficile in questo grande sistema dare dati precisi e persino rivedere i programmi per abbattere gli sprechi diventa difficile», mentre il direttore della Cia Leon Panetta settimana scorsa ha dichiarato che sta iniziando a seguire un piano di ridimensionamento quinquennale perché «i liveli di spesa del dopo l’11 settembre non sono più sostenibili e continuando con questi deficit si va a sbattere contro un muro».

Ma quanti sono i costi annuali per l’intelligence? Il 20 settembre, nove giorni dopo l’attacco alle Twin Towers, il Congresso stanziò 40 miliardi di dollari per la lotta ad Al Qaeda sforando il bilancio federale. Da allora – spiega l’ammiraglio Dennis Blair dimissionato a giugno come capo della Direzione nazionale che avrebbe il compito di coordinare tutta la struttura – «l’atteggiamento è stato “se vale la pena farlo, facciamolo esagerando”». Ed è esattamente quello che è stato fatto.

La prima puntata dell’inchiesta, pubblicata lunedì, parlava dell’espansione esponenziale del ruolo del governo. La seconda, pubblicata ieri, parlava della dipendenza del governo dalle società private per le attività di intelligence. La terza verrà pubblicata oggi e racconterà nel dettaglio le attività di una di queste organizzazioni. Se siete di bocca buona, leggetela!

(Giacomo Lagona)