di Giacomo Lagona
Quanti di voi guadagnano dodicimila euro al mese? No, non vi sto prendendo in giro, vi sto solamente mettendo al corrente di una storia che ha del surreale e del grottesco, ma che allo stesso tempo è tipicamente italiana.
Verso la fine del secolo scorso, nel nord Italia si erano fatti largo un gruppo di persone che avevano fondato un partito politico diverso dal solito, non era ancora conosciuto nel resto del Paese ma molto presto sarebbe andato agli onori della cronaca. Il partito era tipicamente nordista, difatti i fondatori erano quasi tutti lombardi. Fondato ufficialmente nel 1982, il partito dei lombardi si distingueva dagli altri perché parlava direttamente alla gente – alla pancia della gente – e si dimostrarono sin da subito attenti ai problemi dei lombardi. Il coro “Roma ladrona” era sinonimo di lealtà, legalità e altruismo (lombardo).
Verso la fine del decennio la Lega Lombarda si fuse con altri partitini locali (Liga Veneta, Piemont Autonomista, Uniun Ligure, Lega Emiliano-Romagnola, Alleanza Toscana) dando vita alla Lega Nord, ma il loro slogan rimaneva sempre quel Roma ladrona tanto amato. I valori fondativi della Lega erano quelli che tutti noi ci aspettiamo da un partito politico leale: fare il bene dei propri cittadini, non aggrapparsi agli schemi classici della politica finora conosciuta, non addentrarsi nel nepotismo e nel voto clientelare… insomma, era il partito che tutti noi vorremmo. Il culmine lo raggiunsero quando appoggiarono completamente la campagna di Mani pulite e gli scudisci di Di Pietro, tanto è vero che quando Berlusconi scese in politica, la Lega apostrofò il cavaliere con “è un uomo della mafia, un palermitano che parla meneghino, un palermitano nato nella terra sbagliata e mandato su apposta per fregare il Nord. La Fininvest è nata da Cosa Nostra“*. Praticamente davano ad intendere che mai e poi mai la Lega avrebbe incrociato il suo destino con quello della nuova forza politica nata nei corridoi delle Tv. Erano veramente dei celoduristi.
Poi invece accadde l’inverosimile: la Lega, il partito del popolo del nord, si alleò con Berlusconi creando il primo Governo della seconda Repubblica. Era quello il vero apice della gloria padana, il resto è storia recente.
Il grido della Lega è ancora quello ma il fine, come si sa, giustifica i mezzi. Il Senatùr, l’uomo della Scuola Radio Elettra come lo chiamano i maligni, ha un figlio che si chiama come il protagonista di un famoso romanzo lombardo (vicino al lago di Como) e anche lui, tanto per non smentire il sangue paterno, ha avuto guai scolastici: ci son voluti tre esami, e altrettanti ricorsi al Tar, perché Renzo Bossi – detto Trota – si diplomasse senza infamia e senza lode da privatista. Che futuro lavorativo può avere un diplomato senza lode, quando anche un luminare come Pierluigi Celli ha consigliato al figlio neolaureato cum laude di andare all’estero? Semplice: attaccarsi alle braghe del papà famoso. E braghe furono!
E veniamo all’apertura di questo articolo. Su tanti quotidiani italiani, è apparsa qualche mese fa la notizia che all’Osservatorio sulle fiere di Milano – l’ente organizzatore dell’Expo 2015 per intenderci – era stato assunto Renzo Bossi per volere proprio della Lega di cui è promotrice e maggiore forza politica ai vertici. L’incarico ottenuto dalla Trota non è ben specificato, ma con uno stipendio di 12mila euro mensili parrebbe un incarico di tutto rispetto. Ripeto la domanda: quanti di voi guadagnano dodicimila euro al mese?
La notizia dell’assunzione del figlio del Carroccio ha fatto naturalmente il giro dei giornali ben informati, e quindi ci si aspettava dalla dirigenza leghista un misero commento sull’incarico effettivo di Bossi Jr, commento che a sua volta è arrivato sotto forma di smentita direttamente dal capogruppo alla Camera Roberto Cota: «Renzo Bossi non ha alcun incarico al Parlamento europeo, ne’ in societa’, ne’ in organismi collegati a Expo 2015 e ovviamente non percepisce neppure un euro. Adesso basta con questa campagna diffamatoria.»
La storia degli euri di Renzo finisce naturalmente qui (…), perché noi non cerchiamo lo scontro a tutti costi, e del resto non siamo dei terroristi.