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Operazione Top Secret

National Security Inc. è il titolo dato all’inchiesta sul Washington Post del premio Pulitzer Dana Priest assieme a William Arkin sull’America dei servizi segreti e su tutto ciò che riguarda l’intelligence e l’antiterrorismo statunitense. Due anni di indagini hanno portato la Priest e il suo collega Arkin a scoprire un America post 11 settembre “Top Secret”, un America fatta di sperperi e palazzi del potere nati solo per soddisfare l’ego delle agenzie investigative, pubbliche e private, cresciute con la fobia-attentati degli americani.

854mila persone, 1.271 uffici governativi e 1.931 agenzie private che operano nell’antiterrorismo. Sono questi i numeri ufficiali dell’immensa bolgia dell’intelligence statunitense, e a questi numeri vanno ancora aggiunti insegnanti di lingue esotiche, esperti informatici, addetti alla telefonia e ai condizionatori d’aria, segretarie, bibliotecari, architetti, carpentieri, operai edili, meccanici, custodi e il resto dell’indotto di questa economia della segretezza concresciuta su se stessa nell’era Bush e proseguita con l’amministrazione Obama.

Nella sola città di Washington gli uffici a prova di intercettazione occupano uno spazio pari a tre Pentagoni e a 22 Campidogli. Non contando le oltre 10mila sedi distaccate per le “missioni” all’estero, con i loro militari e agenti federali. Vengono stilati circa 50mila rapporti top secret all’anno, si intercettano, analizzano e archiviano e-mail per un totale di 1.700 milioni, migliaia di telefonate e altre comunicazioni al giorno, tutte conservate in 70 database separati e selezionate in 63 siti web.

«Rapporti spesso non letti, per cui il lavoro è diventato così imponente, scarsamente maneggevole e sempre più segreto che nessuno sa quanto denaro costi, quanta gente esattamente impieghi, quanti programmi comprenda, quante agenzie svolgano lo stesso lavoro», scrivono i due giornalisti. Intervistando il generale in pensione John R. Vines, viene evidenziato come «manca una sincronia e in mezzo ad una dissonanza di messaggi l’effetto non può che essere una riduzione di efficacia e lo spreco». Lo stesso Segretario alla Difesa Robert Gates dice che «è difficile in questo grande sistema dare dati precisi e persino rivedere i programmi per abbattere gli sprechi diventa difficile», mentre il direttore della Cia Leon Panetta settimana scorsa ha dichiarato che sta iniziando a seguire un piano di ridimensionamento quinquennale perché «i liveli di spesa del dopo l’11 settembre non sono più sostenibili e continuando con questi deficit si va a sbattere contro un muro».

Ma quanti sono i costi annuali per l’intelligence? Il 20 settembre, nove giorni dopo l’attacco alle Twin Towers, il Congresso stanziò 40 miliardi di dollari per la lotta ad Al Qaeda sforando il bilancio federale. Da allora – spiega l’ammiraglio Dennis Blair dimissionato a giugno come capo della Direzione nazionale che avrebbe il compito di coordinare tutta la struttura – «l’atteggiamento è stato “se vale la pena farlo, facciamolo esagerando”». Ed è esattamente quello che è stato fatto.

La prima puntata dell’inchiesta, pubblicata lunedì, parlava dell’espansione esponenziale del ruolo del governo. La seconda, pubblicata ieri, parlava della dipendenza del governo dalle società private per le attività di intelligence. La terza verrà pubblicata oggi e racconterà nel dettaglio le attività di una di queste organizzazioni. Se siete di bocca buona, leggetela!

(Giacomo Lagona)

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