Archivi tag: Manovra economica

Il caso umano della politica

Probabilmente nella foga dell’approvazione della manovra, in pochi si sono accorti che l’art. 13 sui costi della politica è stato completamente modificato e stravolto.

Se ricordate era previsto che il taglio alle indennità dei parlamentari fosse permanente, con una riduzione netta dello stipendio. Nella pratica, invece, grazie alle modifiche blindate e approvate con la fiducia a Palazzo Madama, la riduzione riguarderà solo l’arco temporale 2011-2013, e sarà del 10% sui redditi superiori ai 90mila euro e del 20% sopra i 150mila euro. Inoltre per quanto riguarda le indennità di carica il taglio è stato abbassato al 20% per le quote superiori a 90 mila euro annui e al 40% a partire da 150 mila euro.

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Lodo Mondadori. Rosy Bindi: «inaccettabile abuso di potere»

«Se davvero il decreto con la manovra andasse in Gazzetta ufficiale con questa norma saremmo di fronte a un abnorme e inaccettabile abuso di potere. Un’inquietante dimostrazione di come il conflitto d’interessi del premier stia soffocando il Paese, stravolgendo la funzione di governo e la nostra democrazia». È quanto denuncia Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, a proposito della norma che servirebbe a evitare al premier di pagare il risarcimento milionario della causa Mondadori.

«Hanno sprecato tre anni importanti e anziché fronteggiare la crisi, e ora che la situazione è diventata drammatica, Tremonti che fa? Continua a mettere le mani nelle tasche degli italiani, a colpire i pensionati e il ceto medio e al tempo stesso vorrebbe impedire che sia resa esecutiva la condanna miliardaria del capo del governo – sottolinea Bindi – Vedremo se la Lega avrà il coraggio di difendere e avallare, di fronte alla sua gente, quest’ultima prova di legge ad personam».

Manovra, Bersani: ci fanno un regalino da 40 miliardi

Quattro dita della mano destra alzate, tanto per rinforzare il concetto e sul volto un sorriso beffardo per accompagnare meglio la sentenza sul retropensiero che si cela dietro una «spalmatura» così sbilanciata negli anni di questa gigantesca manovra da parte del governo: «E’ chiaro – taglia corto Pierluigi Bersani mentre si accende un mezzo toscano nel cortile di Montecitorio – che temendo di perdere le prossime elezioni, ci vogliono lasciare un regalino di 40 miliardi di euro per il 2013-2014. Vuol dire che aspettano se ne occupi qualcuno più bravo di loro…Così non è una cosa seria».

Malgrado questa consapevolezza il leader Pd non sembra angosciato da quel fantasma che aleggia sul capo delle sue guarnigioni e cioè che se il centrosinistra vincesse al prossimo giro dovrebbe farsi carico dello sforzo più grande.

Piuttosto, così come Casini che tuona contro «l’ultimo atto di irresponsabilità in cui prevalgono le furberie», Bersani sembra preoccupato per la figura che possiamo fare in Europa, anche «se Tremonti può andar lì a promettere che si faranno una serie di cose indicando magari pure gli anni…Ma comunque, per ridurre seriamente il debito bisogna far ripartire la crescita con una serie di misure ad hoc, altrimenti che facciamo, aspettiamo che nel 2013 si compia il miracolo di un aumento del Pil del 10%?».

Nello stesso tempo Bersani non crede sia in atto qualche «complotto» per buttar giù Tremonti, «perché è evidente che stanno cercando di tenere insieme tutto per tirare avanti. Non penso neanche che lui abbia intenzione di mollare, anche se è evidente che hanno difficoltà a reggere questa operazione nel paese».

Ma in una pausa dei lavori della Camera, impegnata ad approvare la legge comunitaria con appena nove mesi di ritardo (Governo battuto sulla proposta di stralcio di 12 articoli, Ndr), il leader del Pd, pur liquidando come «una farsa drammatica» le prime indiscrezioni sulle misure allo studio, non esclude a priori un atteggiamento possibilista, meno marcato di quello del Terzo Polo «pronto a sostenere le misure del governo antideficit a condizione che siano credibili ed efficaci».

E ancor meno marcato di quello di Tonino Di Pietro in versione dialogante che non chiude la porta in faccia al governo con il suo «vediamo il testo prima di dire sì o no».

E in ogni caso Bersani mette le mani avanti, ben sapendo di avere i fucili della sinistra puntati contro («l’opposizione bocci senza appello la manovra truffa evitando tresche notturne», avverte il braccio destro di Vendola, Gennaro Migliore), stando ben attento a non dare la sensazione di voler firmare cambiali in bianco su nulla: «Se vi fossero dei provvedimenti che ci sembrassero giusti potremmo anche valutarli. Intanto aspetto di leggere i testi, ma da quel che sento non vedo il coraggio di affrontare i veri problemi. Non ci mettiamo lì a condividere una manovra con loro, anche perché se siamo a questo punto vuol dire che in questi anni hanno sbagliato più di qualcosa».

Presenterete una contromanovra? «Noi abbiamo le nostre proposte, sul fisco, pubblica amministrazione, giustizia civile, se vogliono discutiamo quelle». E come vi regolerete sui costi della politica? «Ma, vedo che hanno ripreso la nostra proposta sui vitalizi e sul bisogno di uniformare i livelli retributivi ai parametri europei. Vedremo come la scriveranno ma quello che mi fa arrabbiare è che ora parlano di aerei blu! Se lasciavano in vigore la circolare Micheli fatta dal governo Prodi non sarebbero aumentati i voli di stato in quella misura…»

Bersani non è neanche intenzionato a presentare una contro-manovra, «perché non ci fanno vedere i conti veri e sono pure curioso di capire come finisce il dibattito tra rigoristi e non. Hanno preso la spending review di Padoa Schioppa e l’hanno buttata dalla finestra, ora parlano di nuovo di spending review. Ma è da persone serie?».

Certo, si capisce come il bisogno di una mediazione con i leghisti restii a far digerire sacrifici al popolo padano, induca il governo a ripartire in modo soft il peso della manovra allontanando il carico negli anni a venire. «Se gli accordi sono questi è normale che la Lega esca tranquilla ma gli italiani lo sono meno perché in questo momento sono in mano a nessuno».

E quindi a chi obietta che con una manovra da fare non si potrebbe aprire una crisi di governo «al buio», il leader Pd ribatte che «il buio è adesso ed è meglio una scossa e andare a votare subito, di fronte alla testarda volontà di questo governo di sopravvivere senza però riuscire a fare nulla».

Carlo Bertini su La Stampa

Questa manovra la paghi tu

pd aquila newsletter

Care democratiche, cari democratici

ieri alla Camera ci sono state le dichiarazioni di fiducia sulla manovra finanziaria. Tremonti ha detto che “questa manovra fa pagare i papaveri”.
Invece, come ha ribadito il segretario del PD Pier Luigi Bersani nel suo intervento, la manovra colpisce insegnanti, poliziotti, infermieri, vigili del fuoco: stiamo parlando di questo! E gli agricoltori che protestano, come abbiamo detto alla Lega, contro gli evasori delle quote latte, gli italiani a cui rimandano di un anno l’età della pensione, un anno e mezzo per gli autonomi. Colpisce voi che da gennaio pagherete più cari i servizi. Sono questi i papaveri? Allora i miliardari come il nostro Presidente del Consiglio, che non pagano un euro per questa manovra, cosa sono, mammole da proteggere?

I 24 miliardi della manovra andavano trovati in modo diverso. Il PD ha proposto di rafforzare la lotta all’evasione, far pagare di meno imprese e lavoratori intervenendo sulle rendite patrimoniali e finanziarie. Ma non se n’è potuto discutere.

Con l’ennesimo voto di fiducia il governo ha mortificato il Parlamento: nessun confronto, nemmeno sugli emendamenti a favore dei terremotati aquilani.
Così due giorni fa Bersani insieme a Dario Franceschini, Rosy Bindi e 140 deputati del PD ha lasciato l’Aula di Montecitorio per raggiungere L’Aquila.



Siamo tornati nei luoghi devastati dal terremoto per metterci al servizio dei cittadini. Per ridare voce a chi non ce l’ha. Abbiamo visto la zona rossa, parlato con i cittadini riuniti in assemblea accogliendo proteste e proposte. Ripartiamo dall’appoggio alla proposta di legge di iniziativa popolare e della tassa di scopo per la ricostruzione.
Alla festa democratica nazionale a Torino lanceremo la campagna per raccogliere le firme sulla proposta degli aquilani.
Prendiamo un impegno sentito come compito personale, teniamo viva la questione de L’Aquila, dove il PD c’è e dove si terrà la nostra Festa Nazionale della Cultura dal 7 al 12 settembre, proprio per tenere alta l’attenzione sul dramma che stanno vivendo tanti italiani.
Vi aspettiamo.

La redazione

Maggioranza battuta, l’opposizione non va in vacanza

Cari amici,

stavolta vi scriviamo per informarvi di una battaglia che il Pd sta portando avanti in Parlamento contro il governo delle favole, che ci racconta un paese che non esiste. Berlusconi è ostaggio della Lega: scippa al Mezzogiorno i fondi FAS usati come un bancomat per qualsiasi spesa mentre le famiglie del Sud sono costrette ad arrangiarsi, senza più soldi per mangiare o per curarsi. Lo ha detto ieri lo Svimez ed è un dato impressionante. Nel paese reale il Sud sta tornando sinonimo di povertà e con la manovra impongono tagli pesantissimi ai bilanci regionali, che si tradurranno in più tasse e meno servizi.

Sono temi di cui si è occupato anche il nostro segretario, Pier Luigi Bersani, ospite ieri di SkyTg24 Economia su Skytg24.

Dopotutto era veramente questo il Paese che volevano gli italiani? Crediamo di no, eppure il governo mette in cima alla lista delle sue preoccupazioni il ddl intercettazioni. Un provvedimento sciagurato che dopo la nostra pressione sta per cambiare. Ma non basta. Per noi democratici il testo va riscritto completamente. Vi terremo informati sulla nostra battaglia in Parlamento.

PS: Sempre ieri la maggioranza è stata battuta tre volte in aula sulle missioni in Afghanistan grazie alla pressione del Pd. Senza voti di fiducia non reggono più, e la prossima settimana ci sono tre decreti legge prima delle intercettazioni. L’opposizione non va in vacanza, voi potete aiutarci raccontando come stanno veramente le cose ai vostri amici, ai vostri familiari e colleghi di lavoro.

Alla prossima!

Brancher dimettiti!

Cari amici,

il governo è senza pudore: il neo ministro Aldo Brancher intende avvalersi del legittimo impedimento, ma per il PD dovrebbe solo dimettersi. Lo chiede Enrico Letta a nome dei democratici dopo che in una nota il Quirinale ha affermato che il neoministro per l’Attuazione del federalismo non può ricorrere al legittimo impedimento per evitare di presentarsi in tribunale.

Aldo Brancher deve dimettersi. Lo chiede Enrico Letta a nome del PD dopo che in una nota il Quirinale afferma che il neoministro per l’Attuazione del federalismo non può ricorrere al legittimo impedimento per evitare di presentarsi in tribunale: “Le parole del Quirinale sono un macigno. Solo le dimissioni del ministro Brancher possono sanare questo scandalo. Le chiediamo per il bene del Paese e per il rispetto delle istituzioni” dichiara immediatamente il vice segretario del Pd. Da pochi minuti le agenzie stanno battendo la nota del Quirinale: “In rapporto a quanto si è letto su qualche quotidiano questa mattina a proposito del ricorso dell’onorevole Aldo Brancher alla facoltà prevista per i ministri dalla legge sul legittimo impedimento si rileva che non c’è nessun nuovo ministero da organizzare in quanto l’onorevole Brancher è stato nominato semplicemente ministro senza portafoglio”. Il Colle fa riferimento alle notizie apparse questa mattina sui quotidiani che riferiscono della comunicazione dello stesso Brancher al tribunale di Milano, dove è in corso il processo Antonveneta e per il quale il ministro ha deciso di avvalersi della legge sul legittimo impedimento, così da evitare il processo a differenza della moglie, imputata ma non ancora assurta a titolare di un dicastero. Mentre lui si è valso il titolo di ministro al legittimo impedimento, come rimarcava in mattinata Filippo Penati, capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani.
Ora dimissioni, altrimenti il PD è pronto a presentare la mozione di sfiducia, come annuncia Dario Franceschini, capogruppo PD alla Camera: “Adotteremo tutte le iniziative parlamentari conseguenti d’intesa con gli altri gruppi di opposizione, compresa una possibile mozione di sfiducia comune. Intanto – sottolinea – è necessario che Berlusconi venga immediatamente in aula a spiegare le ragioni della nomina: ho scritto dunque al presidente Fini perché solleciti Berlusconi ad essere personalmente in aula mercoledì al question time che presenterò a nome del gruppo del Pd”.

E dopo le dimissioni affronti il processo Antonveneta che lo vede imputato in tribunale come rimarca Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico: “Sul legittimo impedimento per il neoministro Brancher il presidente della Repubblica pronuncia parole ineccepibili e giuste. Alle nostre obiezioni sull’inutilità, in tempi di crisi, di un nuovo ministro ci era stato risposto che si trattava di una nomina low cost, e invece il neoministro del nulla dice che non può presentarsi dai magistrati perché deve organizzare il proprio dicastero. Motivazioni risibili, contraddittorie e inaccettabili. Non si può tollerare l’uso personale delle istituzioni, lo stravolgimento della legalità e la beffa alla Costituzione. Non c’è altro da aggiungere, il ministro si dimetta e si presenti in tribunale”.
Da Napolitano è arrivata una sconfessione sonora come rimarca il responsabile Giustizia del Pd, Andrea Orlando: “La nota del Quirinale conferma che ancora una volta il Capo dello Stato costituisce un punto di riferimento fondamentale per la corretta attuazione della Costituzione. Per questo merita un plauso e un sostegno pieno. Il neo ministro ne tragga le dovute conseguenze e lasci il bunker di un incarico vuoto e inutile. Le istituzioni non sono a disposizione dei singoli, ma sono strumenti per servire il Paese”.

Un ministero inutile a occuparsi dell’attuazione del federalismo che ha fatto litigare PDL e Lega, con un nominato che si accavalla alle competenze al centro del ministero per le Riforme di Umberto Bossi, dei Rapporti con le Regioni di Raffele Fitto dell’Attuazione del programma di Gianfranco Rotondi, di quello per la Semplificazione di Calderoli. Un vero ufficio complicazione cose semplici in mano all’uomo da sempre considerato il pontiere di Berlusconi con i leghisti.
Invece le parole che giungono dal Quirinale “sono chiare, nette ed incontrovertibili – dichiara Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama – Brancher ne tragga le conseguenze, altrimenti in Parlamento non permetteremo che un uso così disinvolto delle istituzioni e delle loro prerogative continui ad oltraggiare la democrazia italiana”.
“Questa vicenda conferma una delle critiche di incostituzionalità fatta dal Pd alla legge sul legittimo impedimento”, osserva Stefano Ceccanti, della presidenza del gruppo Pd a Palazzo Madama. “Infatti, per invocarlo è sufficiente una sorta di autocertificazione che non può essere messa in discussione dai giudici anche quando le sue motivazioni sono palesemente false – osserva – come è evidenziato dalla nota del Quirinale”.
L’ex segretario del Pd, Walter Veltroni, attacca: “Deve dimettersi. Le ragioni della sua inopinata nomina sono emerse immediatamente nella loro reale natura: Brancher è stato nominato ministro esclusivamente nel tentativo di usufruire del legittimo impedimento per sfuggire ad un processo. Il Quirinale ha reso evidente, con la sua nota, la pretestuosità delle motivazioni con le quali il neo ministro ha tentato di usare la sua carica per non rispondere ai magistrati” aggiunge Veltroni sottolineando che “il rapporto diretto tra la nomina e il tentativo di avvalersi immotivatamente del legittimo impedimento delegittima completamente il ministro Brancher”. “Le sue dimissioni mi sembrano -conclude Veltroni il minimo atto di responsabilità richiesta”.
Anche Nicola Latorre, vicepresidente del Gruppo Pd al Senato ai microfoni del Gr1 la pensa allo stesso modo: “Il ministro Brancher non ha alcuna ragione per servirsi del legittimo impedimento e per la verità non si comprendono neanche le ragioni per cui è stato nominato ministro, dunque a questo punto farebbe bene a dimettersi”. Latorre ha aggiunto che “il presidente Napolitano con il consueto equilibrio e la saggezza che lo contraddistinguono, ha interpretato nella maniera più giusta la legge e la Costituzione”.

Una vergogna senza precedenti.
Ma non l’unica. In Abruzzo se ne sta consumando un’altra.

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Cambiamo la manovra. Paghi di più chi ha di più

Cari amici,
sabato scorso a Roma dalla manifestazione del Pd per correggere una manovra sbagliata il messaggio di Pier Luigi Bersani è stato duro, ma chiaro: Cambiamo la manovra. Paghi di più chi ha di più. Non si gioca con il futuro del Paese e non si gioca con il lavoro, i soldi e sogni dei cittadini. “Facciano la loro parte i furbetti delle rendite finanziarie, e dei capitali scudati, quelli che guadagnano come Berlusconi e che in questa manovra metteranno zero euro”.

E’ stata una manifestazione con tante voci, insegnanti come Mila Spicola, artisti come Fabrizio Gifuni, un sacerdote, un rappresentante delle forze dell’ordine ed uno dei lavoratori dell’ex Eutelia, il presidente dell’ANCI e sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, il presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza Stato-Regioni, Vasco Errani, l’ex presidente della provincia de L’Aquila, Stefania Pezzopane. E’ possibile rileggerli e rivederli tutti sul sito del Pd.

Berlusconi invece pensa solo ai suoi problemi, dimentica che sviluppo e crescita si hanno con la ricerca e le risorse destinate alle nuove realtà. Come quelle legate alle nuove tecnologie della comunicazione e al web, che sono state al centro della giornata di dibattito promossa dal forum ICT in cui il PD ha proposto di investire 800 milioni di euro nella banda larga.

A presto.
La redazione

Le proposte del PD per la crescita, per l’equità, per il lavoro

Care democratiche, cari democratici

pochi giorni fa il Governo ha presentato una manovra economica che non sostiene le famiglie e le imprese, che non contiene misure per i giovani e la crescita e prevede tagli indiscriminati destinati a colpire i servizi per i cittadini, dalla scuola alla sanità ai trasporti.

Saranno soprattutto le persone più deboli a pagare le conseguenze della manovra, che lascia invece al riparo le grandi ricchezze e le rendite e non combatte in modo efficace l’evasione fiscale. Tutto questo è inaccettabile!

Per questo il nostro partito ha deciso di promuovere una manifestazione nazionale per sabato 19 giugno, alle ore 10 al Palalottomatica di Roma, per un’altra politica economica, per la crescita e il lavoro, contro una manovra ingiusta e sbagliata, per dare voce a tutti i protagonisti sociali colpiti dalle scelte del Governo.

Vogliamo offrire al paese un’alternativa ispirata a equità e rigore, all’idea che nessuno sta bene da solo e che una comunità può crescere e progredire solo se è unita e solidale. Potete leggere e scaricare le nostre proposte dal sito del PD Cordenons.

Ci vediamo sabato 19, sicuro che da voi possa venire il contributo prezioso di chi ogni giorno è a contatto con le persone, con le loro speranze e i loro problemi.

Ieri, il Senato ha approvato il ddl intercettazioni. Con la trentesima fiducia e una legge sbagliata, il governo continua il massacro della libertà. I senatori Pd hanno abbandonato l’Aula per non partecipare a quello che Anna Finocchiaro ha definito“un voto di fiducia che manca di legittimità”. Ora tocca alla Camera, dove la nostra opposizione sarà durissima.

Le province non diminuiscono, aumentano!

Settimana scorsa c’è stato tutto un chiacchiericcio sulla (remota) possibilità che dieci province venissero abolite con l’approvazione della manovra economica appena varata dal governo. Secondo le prime indiscrezioni le dieci province abolite sarebbero state Biella, Vercelli, Massa Carrara, Ascoli Piceno, Fermo, Rieti, Isernia, Matera, Crotone e Vibo Valentia. Stasera su Report, il programma di Milena Gabanelli in onda su Raitre alle 21.30, si cercherà di spiegare – o di tenterà di farlo, tanta è ingarbugliata la vicenda – come invece di diminuire le province italiane aumenteranno:

Nel 2007 i commissari delegati si stavano occupando della costituzione delle nuove Province di Fermo, Barletta-Andria-Trani. Stavano organizzando il trasferimento del personale della provincia madre, e degli uffici statali: la Prefettura, la Questura a i vari Ministeri. Per ogni nuova provincia la spesa prevista era di 50 milioni di euro. Nella piccola provincia di Barletta Andria Trani, con tre capoluoghi, c’erano problemi sull’ubicazione della Prefettura, tutto era bloccato. A tre anni di distanza come è andata a finire? Sia Fermo che nella BAT ci sono state le elezioni e sono stati eletti i consigli e le giunte. Il patrimonio della provincia di Ascoli e di Bari è stato diviso in proporzione con le nuove province, ma non tutto è filato liscio, così come per il personale costretto a trasferirsi nelle nuove province.

La manovra economica sta diventando il vaso di Pandora dove metterci tutte le schifezze che i parlamentari del Pdl vogliono sanare, come il “condono edilizio per necessità” scoperto ieri.

(di Giacomo Lagona)

Frase del giorno

«Bisogna trovare una soluzione agli abusi commessi per necessità. Tipo: allargo la casa di 50 metri per avere una stanza in più per i figli

Emendamento aggiuntivo alla manovra spiegato da alcuni senatori del Pdl