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Cosentino si dimette

Il Pd e l’Idv hanno presentato un’interrogazione urgente per il question time di oggi, dove all’ordine del giorno c’era la mozione di sfiducia al sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino e al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo. Dato che i capogruppo non si accordavano sulla data per calendarizzare la sessione, la decisione – come da regolamento – è stata presa dal Presidente della Camera Gianfranco Fini. Forse per ripicca nei confronti dei colleghi del Pdl, forse perché la situazione è talmente spinosa da ricorrere prima possibile al dibattito in aula, il Presidente della Camera ha deciso di inserire la proposta dell’opposizione per la giornata di mercoledì prossimo 21 luglio, mentre per il sottosegretario Caliendo è stato deciso per settembre.

In realtà la sfiducia diretta è prevista solo per i ministri e non per i sottosegretari, mentre il testo che andrà a Montecitorio mercoledì prossimo inviterà Cosentino a dare le dimissioni e il governo a ritirargli le deleghe. Stesso discorso per il sottosegretario Calinedo quando verrà il suo turno. Stasera, spiazzando tutti per il perfetto tempismo, dopo una riunione con Berlusconi e Verdini, il vice ministro Cosentino ha rassegnato le dimissioni:

“Ho deciso di concerto con il Presidente Berlusconi di rassegnare le mie dimissioni da sottosegretario per potermi completamente dedicare alla vita del partito, particolarmente in Campania, anche al fine di contrastare tutte quelle manovre interne ed esterne poste in essere per fermare il cambiamento”

L’ormai ex sottosegretario continua nella sua nota prendendosela con gli amici di partito – Fini e Bocchino – che in questi giorni lo hanno incitato a dimettersi con la scusa di moralizzare il Pdl:

“Ben si comprende ove si conoscano le dinamiche politiche in Campania e coloro che sono i più stretti collaboratori dell’onorvole Fini, quale l’onorevole Bocchino che da anni, senza successo, tenta di incidere sul territorio non già per interessi del partito bensì per mere ragioni di potere personale e che alla prova elettorale è sempre stato sconfitto. E’ risibile che l’onorevole Fini voglia far passare le sue decisioni come se derivassero da una sorta di tensione morale verso la legalità quando si tratta soltanto di un tentativo, anche assai scoperto, di ottenere il potere nel partito tramite Bocchino.”

Rispondendo alle accuse mosse dai Pm, Cosentino si dice totalmente estraneo alle attività illecite di cui è accusato, e anzi conferma che il suo appoggio al governatore Caldoro è stato più che straordinario:

“Sono assolutamente sereno che la mia totale estraneità non potrà che essere più che comprovata da qualsivoglia indagine. Parimenti proprio per questa intima tranquillità non posso e non voglio esporre il Governo di cui mi onoro di far parte e al cui successo ho contribuito di rimanere colpito mediaticamente per tali inconsistenti vicende. Non solo non vi è stata da parte mia alcuna attività di dossieraggio ma mi sono premurato nell’interesse del partito quale coordinatore regionale di espletare tutte le opportune verifiche di notizie che, dopo il caso Marrazzo, potevano apparire problematiche. E sono stato proprio io ad appoggiare con il massimo dell’impegno come coordinatore regionale la candidatura di Stefano Caldoro garantendogli un risultato straordinario.”

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi condivide le dimissioni di Cosentino, ma si dice convinto dell’innocenza del parlamentare campano rinnovandogli la fiducia a coordinatore regionale in Campania:

“Ho condiviso la decisione di Nicola Cosentino di dimettersi da Sottosegretario. Ho altresì avuto modo di approfondire personalmente e tramite i miei collaboratori la sua totale estraneità alle vicende che gli sono contestate. Sono quindi certo che la sua condotta durante la campagna elettorale per la Regione Campania è stata improntata alla massima lealtà e al massimo impegno per ottenere la vittoria di Stefano Caldoro. Ritengo quindi che l’onorevole Cosentino potrà proficuamente continuare a svolgere il suo importante ruolo politico nell’ambito del nostro Movimento per consentirci di conseguire ancora quegli eccellenti risultati di cui è stato artefice come Coordinatore Regionale.”

(Ma Berlusconi come ha fatto ad approfondire personalmente l’estraneità di Cosentino, se i Pm dicono tutto il contrario? La solita magistratura comunista probabilmente…)

(Giacomo Lagona)

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Abbiamo fatto il Presidente della Corte d’Appello

Oltre agli appalti per il parco eolico in Sardegna, il gruppo della “Nuova P2” capeggiato da Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, sono riusciti a dirigere la nomina a Presidente della Corte d’Appello di Milano di Alfonso Marra. Prima però cercarono di interferire sulla Corte Costituzionale che doveva decidere il destino del Lodo Alfano, e di agevolare il ricorso in Cassazione del sottosegretario Nicola Cosentino contro la richiesta d’arresto dalla Procura di Napoli per concorso e affiliazione camorristica. Su quest’ultima vicenda, la Procura di Roma scrive che insieme al coordinatore del Pdl Denis Verdini, “il gruppo ha iniziato un’intensa attività diretta a screditare il nuovo candidato Stefano Caldoro – poi eletto presidente regionale in Campania – e così escluderlo dalla competizione elettorale, tentando di diffondere, all’interno del partito e a mezzo Internet, notizie diffamatore sul suo conto”.

Pasquale Lombardi si attivò presso la Corte di Cassazione cercando di far intervenire il Presidente Vincenzo Carbone, per fare accogliere il ricorso di Nicola Cosentino contro la richiesta d’arresto della Procura di Napoli quando lo accusò di collusione con la camorra. A gennaio un’intercettazione tra Lombardi e Carboni viene così registrata:

“Stai in Cassazione stamattina? Allora ti raggiungo verso le undici e mezzo, mezzogiorno”.

Dopo poche ore è Carbone a chiamare Lombardi per informarlo che l’udienza è fissata per il 28 gennaio. Il 26 gennaio un’altra telefonata di Lombardi a Carbone:

“Stammi a sentire io mi sò fatto portare l’olio e te lo porto domani mattina. Ci vediamo in Cassazione e facciamo il trasbordo… Stammi a senti’, ti ha chiamato Letta?” “No, perché?” “Perché ti doveva chiamare”. Carbone ripete che Letta non lo ha chiamato.

“E di tale telefonata – scrive il gip – va detto non vi sarà neanche in seguito nessuna traccia”.

Il 28 gennaio la Cassazione rigetta il ricorso di Cosentino, sicché il candidato del Pdl in Campania rimane Caldoro. Il gruppo a questo punto attua la strategia della delegittimazione attraverso siti internet e blog. Carboni, Martino e Lombardi mettono in giro la voce che Caldoro sarebbe “il Marrazzo della Campania” per via dei suoi “gusti sessuali particolari”. Su alcuni blog campani giravano post che ne evidenziavano la strategia del gruppo: “Un Marrazzo in pectore: le passioni strane di Caldoro“, e “Pentito di camorra accusa: nel ’99 stringemmo un patto con Caldoro” erano i più linkati in quel periodo.

Finita la strategia della diffamazione contro Caldoro, Carboni Martino ma soprattutto Lombardi, si attivarono per far eleggere alla Corte d’Appello di Milano il loro uomo, il giudice Alfonso Marra, per favorire il ricorso della lista “Per La Lombardia” vicina al presidente uscente della regione lombarda Roberto Formigoni. Il gruppo fa pressioni sul Consiglio Superiore della Magistratura tramite il vice presidente Nicola Mancino e contattando il giudice Celestina Tinelli. Da un colloquio con quest’ultima, Lombardi capisce che è il giudice Giuseppe Berruti l’ago della bilancia. Berruti è però favorevole all’altro candidato, il giudice Renato Rordorf:

“E mo’ facciamo chiamare pure a Berruti! Devo vedere come devo fare”. La Tinelli: “È un casino, nel vero senso della parola . Lui ha già dato il suo input forte, e quindi anche Mancino sta ragionando nel senso di votare per questo Rordorf…”.

L’indomani Lombardi telefona a Marra:

“S’à da vedé che s’à da fa cu’ Berruti, perché l’unico stronzo in questo momento è lui e la Maccora”. Marra: “Ma la Maccora lascia sta’, è di un’altra corrente […] Parla con Berruti, bisogna avvicinare ’sto cazzo di Berruti, capito che ti voglio dì? Io, Pasquali’, non so che cazzo fare…”. Improvvisamente Lombardi si ricorda chi è Berruti: “Chist’ tene ’u frate che è deputato di Berlusconi (Massimo Berruti, parlamentare Pdl, ndr)”, ma Marra lo frena: “No, vabbuo’, famm’ ’o favore, tiriamo fuori il fratello, senti a me”. Lombardi si gioca il presidente della Cassazione Vincenzo Carbone: “Io lu pizziatone… te l’aggio fatto col capo, quindi siamo a posto… Capo Cassazione. Se è quello lì siamo a posto”.

Il 3 febbraio 2010, con 14 voti contro 12, il Csm nomina Marra con l’appoggio di Mancino, Carbone e la Tinelli, mentre Berruti vota per Rordorf. Lombardi telefona a Martino:

Allora abbiamo fatto il presidente della corte d’appello… È tutto a posto”.

Si inizia a lavorare per Formigoni.

Da intercettazioni registrate dalla Procura il primo marzo, c’è un passaggio interessante tra Formigoni e Arcangelo Martino:

“Ma l’amico, l’amico… Lombardi, è in grado di agire?” Martino: “Sì, sì, lui ha già fatto qualche passaggio e sarà lì”. Si legge nel testo della Procura: “Tale tentativo è stato operato mediante il diretto intervento di Lombardi sul magistrato Alfonso Marra appena insediatosi”.

Lo stesso giorno Lombardi telefona al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo:

“Aggio mandato a dicere cu Santamaria a Fofò (Santamaria è un giudice e Fofò è Alfonso Marra, ndr) che chiamasse a ’sti tre quattro scemi e non dessero fastidio”.

Sfortunatamente per loro l’operazione salvataggio lista non funziona, e Martino al telefono si sfoga con Lombardi:

“Comunque diciamo che la figura di merda l’amme fatta nujie cu’ chille d’a Corte d’appello”. Lombardi impettito risponde: “Ci siamo prodigati, e quindi nun s’a ponno piglia’ cu’ nuje”.

Il passo successivo è, come scrive il Gip, “Il tentativo di suscitare un’ispezione ministeriale nei confronti del collegio dei magistrati che aveva adottato il provvedimento sfavorevole”. La Procura registra telefonate tra Martino e il capo degli ispettori Arcibaldo Miller, e con alcuni collaboratori di Formigoni. Il 23 marzo viene registrata la telefonata fatta da Formigoni a Martino dove annuncia il fallimento dell’operazione:

“Ho ricevuto stamattina una telefonata da colui che si è impegnato a camminare velocemente, sabato… e invece mi dice che non cammina affatto, né velocemente né lentamente… E che è stato consigliato a stare fermo… dallo stesso Arci… perché lui mi ha detto che sarebbe un boomerang pazzesco… questi qui potrebbero addirittura rivalersi su di noi”. Martino chiede a Formigoni: “A te ti chiamò quello Angelino, vero?” (il ministro della Giustizia Angelino Alfano?) “Mi chiamò, sì mi chiamò lui. Io mi sono arrabbiato con lui, anche perché sabato lui si era impegnato… Sì, sì, faccio, faccio, poi invece lunedì mi ha telefonato e mi ha detto questo, e ha anche tirato in mezzo Arci (Arcibaldo Miller, ndr)”. Martino conclude: “Mi sono molto arrabbiato, ma credo che sia un qualche cosa che vada in ostilità con te, hai capito?”. La replica di Formigoni: “Eh, credo anch’io…”.

(Giacomo Lagona per Agoravox)

Un piede tra la prima e la seconda Repubblica

I nomi di Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino sono spuntati per gli appalti ai parchi eolici in Sardegna. Assieme ai tre, di cui abbiamo dato ieri ampio risalto, sono stati arrestati dalla Procura di Roma altre tre persone, tutti con l’accusa di corruzione: Pinello Cossu, consigliere Udc della provincia di Carbonia Iglesias e nipote di Carboni; Ignazio Farris, direttore dell’ARPAS (Agenzia Regionale Protezione Ambiente); Franco Piga, commissario dell’Autorità d’ambito per la gestione delle acque.

Secondo la Procura, attorno all’eolico sardo si sarebbe sviluppato un sistema ben mirato per ottenere appoggi politici, in modo da favorire imprenditori amici ed aggirare la norma che tutela il territorio ambientale sardo. Nell’agosto del 2009, la giunta regionale presieduta dal pidiellino Ugo Cappellacci, fece cadere la maggior parte dei vincoli inerenti alla costruzione degli impianti eolici approvati dalla precedente giunta Soru, facendo in modo che l’imprenditoria del vento non avesse quasi nessuna tutela ambientale, e solo nel marzo di quest’anno – probabilmente perché già si odorava un’inchiesta – Cappellacci fece dietro front stoppando completamente tutti gli appalti deliberando a tale proposito.

L’indagine della Procura di Roma è partita grazie ad un’informativa della Direzione Distrettuale Antimafia, ed è coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dai pm Rodolfo Sabelli e Ilaria Calò. L’indagine si è successivamente allargata fino a scoprire altri nomi eccellenti: Denis Verdini, coordinatore del Pdl; Marcello Dell’Utri, senatore del Pdl e condannato in secondo grado per associazione mafiosa; e l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, indagato per affiliazione camorristica.

Il coordinatore del Pdl Verdini avrebbe intascato una maxi-tangente di 800mila euro da Carboni per raccomandare il gruppo di imprenditori scelto da Carboni e soci presso la giunta regionale sarda di Cappellacci, il quale a sua volta è indagato per abuso d’ufficio per aver aggirato le vie legali nella nomina alla direzione dell’ARPAS di Ignazio Farris, personaggio deciso da Carboni & Co. proprio per aggirare i progetti in mente alla cricca mettendo in moto, tramite la VIA – l’agenzia per la Valutazione di Impatto Ambientale – i piani energetici della fabbrica del vento in Sardegna. Nelle intercettazioni si fanno inoltre i nomi del Senatore Marcello Dell’Utri e dell’ex Sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, come detto entrambi indagati o condannati per reati mafiosi, ma non per questa indagine. Tutto però veniva orchestrato dall’uomo che è stato in bilico tra la Prima Repubblica e la Seconda Repubblica. Quella di Berlusconi.

Flavio Carboni – 78 anni, originario di Torralba in provincia di Sassari – ha un passato di tutto rispetto. Negli anni ’70 ha iniziato la carriera imprenditoriale facendo il discografico e l’immobiliarista, successivamente ha acquisito la maggioranza de La Nuova Sardegna ma anche questo progetto non ha avuto fortuna. Al processo per il fallimento del Banco Ambrosiano è stato condannato a otto anni e sei mesi di carcere e il suo nome è spuntato più volte anche per l’omicidio di Roberto Calvi – il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri a Londra – per il quale Carboni è stato accusato di aver venduto la borsa del manager ad un alto prelato dello IOR, la banca Vaticana. Per questa accusa è stato chiesto l’ergastolo ma in primo grado l’imprenditore sardo è stato assolto, è in corso l’appello. Sono moltissimi i casi irrisolti tra la fine della prima e l’inizio della seconda Repubblica in cui si presta il nome di Flavio Carboni.

Durante il sequestro di Aldo Moro, il faccendiere sassarese si sarebbe prodigato nel far intervenire la mafia per salvare lo statista democristiano, successivamente ha riferito che l’organizzazione non aveva interesse a salvare il presidente DC. Nel 1983 scompare misteriosamente la figlia di un dipendente del Vaticano, Emanuela Orlandi. I dati finora raccolti dalla magistratura vanno verso il coinvolgimento della Banda della Magliana, e da un racconto di Sabina Minardi, allora fidanzata con il boss della Magliana Renatino De Pedis, una della auto usate per il rapimento era intestata a Flavio Carboni. Il fatto però non è stato dimostrato.

Flavio Carboni ha un curriculum davvero eccezionale, è stato infatti indagato e imputato in una decina di processi per rapporti con mafia, P2, spionaggi deviati, Licio Gelli, Magliana… un vero record!

L’accusa che lo vede imputato oggi assieme a Martino e Lombardi è scritta nelle sessanta pagine dal Gip del Tribunale di Roma Giovanni De Donato:

«Banda segreta come la P2 per pilotare giudici e politici. Una associazione per delinquere diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti caratterizzata dalla segretezza degli scopi e volta a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali nonchè degli apparati della pubblica amministrazione. I tre hanno sviluppato una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura e della politica da sfruttare per i fini segreti del sodalizio e ciò anche grazie alle attività di promozione di convegni e incontri di studio realizzate tramite una associazione denominata “Centro studi giuridici per l’integrazione europea Diritti e Libertà“. Una struttura di fatto finanziata e gestita in modo occulto da Carboni. I tre approfittavano delle conoscenze per acquisire informazioni riservate e influire sull’esercizio delle funzioni pubbliche rivestite dalle personalità avvicinate dai membri dell’associazione».

Per quanto riguarda il piano per l’eolico in Sardegna, il presidente della Commissione antimafia Giuseppe Pisanu ha confermato che pure la mafia ne sarebbe interessata:

«L’eolico, secondo alcune ipotesi, non sarebbe altro che il “piede nella porta” attraverso cui conquistare e svalutare i territori di maggiore pregio ambientale per dare il via , una volta minati di pali d’acciaio e svalutati a dovere, alla speculazione edilizia.»

E Flavio Carboni sembrerebbe l’uomo giusto per fare da tramite…

(Giacomo Lagona)