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Affondata la Protezione civile SpA

di Giacomo Lagona


La crisi legata alle inchieste fiorentine sulla corruzione degli appalti pubblici per la ricostruzione dell’Aquila post-terremoto e del G8 alla Maddalena – entrambi inerenti alla cattiva gestione del sottosegretario Bertolaso – hanno bloccato l’iter parlamentare sulla privatizzazione della Protezione civile. Stranamente, all’indomani delle pubblicazioni sui giornali delle intercettazioni telefoniche tra il capo della Protezione civile e imprenditori che facevano a gara per accaparrarsi gli appalti a L’Aquila a alla Maddalena, il Governo ha pensato bene di stralciare l’art. 16 del decreto che sanciva la privatizzazione della Protezione civile rendendola una SpA.

Questo stralcio è l’evidente stato confusionale in seno alla maggioranza dove la corrente di pensiero tende a cambiare dall’oggi al domani: “Abbiamo una bella Protezione civile con migliaia di persone. Non deve diventare una Spa, non deve sparire” – dice Bossi. «La Protezione civile resterà un dipartimento della Presidenza del Consiglio con la sua struttura: anch’io mi arrabbierei se qualcuno pensasse di “trasformare” la Protezione civile in una società privata. Ma non è così» ribadisce il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Chi voleva quanto prima  privatizzare la Protezione civile, oggi si dice contrario perché non ce ne bisogno. Se non è confusione questa…

Il Partito Democratico si è sempre opposto alla privatizzazione. «Evidentemente c’è una parte della maggioranza che ha capito, grazie alla nostra battaglia di opposizione, che quelle norme sono sbagliate e pericolose» – dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato – «Abbiamo condotto in Senato, nel corso della prima lettura e ben prima che emergessero i primi risultati delle inchieste una strenua battaglia denunciando punto per punto le tante norme sbagliate contenute nel decreto e l’opacità e la poca trasparenza del sistema di gestione della cosa pubblica da esso disegnato. Per questo abbiamo chiesto di ritirare il provvedimento. Lo stralcio dell’articolo 16 è già come ho detto un buon passo avanti. I parlamentari del Pd alla Camera continueranno la nostra battaglia contro un decreto che continua ad avere molte cose che non vanno, a cominciare dal fatto che i grandi eventi non devono più essere trattati come emergenze».

Sullo stesso avviso il capogruppo Pd alla Camera, Dario Franceschini: “E’ una vittoria dell’opposizione – dichiara – e un passo indietro del governo”. Quanto all’ipotesi che il governo ponga la fiducia, Franceschini non anticipa i tempi: “aspettiamo le dichiarazioni ufficiali. Intanto vediamo cosa scrivono nel maxiemendamento“.

Così si esprime il vicepresidente vicario dei deputati del Partito Democratico, Michele Ventura: “Leggiamo che del decreto resterà soltanto un guscio burocratico capace di coprire la marcia indietro del governo, ma noi non ci fidiamo e la nostra battaglia parlamentare sarà durissima. Il Partito Democratico chiede il ritiro del Dl, chiede che il malaffare che sembra emergere dalle indagini in corso non venga seppellito da norme che garantiscono impunità. Rendere lo Stato efficiente non è un’anomalia, ma essere al di sopra delle leggi per farlo è la negazione dello Stato”.

Anche il presidente dei nostri senatori chiede il ritiro del provvedimento: “E’ evidente, e le parole di Bossi lo confermano, che buona parte della maggioranza non vuole il decreto che istituisce la Protezione civile Spa. Credo che l’unica cosa saggia da fare sia quella di ritirare il decreto. E’ un provvedimento sbagliato e pericoloso.Un’altra cosa da fare subito – prosegue Anna Finocchiaro – è, come abbiamo chiesto presentando al Senato un disegno di legge, abrogare la norma che equipara i grandi eventi alle emergenze. Emerge infatti con chiarezza dalle inchieste un sistema opaco e poco trasparente nella gestione di questi avvenimenti da parte della Protezione civile. Il sistema usato per i grandi eventi è fuori controllo grazie a un uso smodato delle ordinanze. C’è in questo sistema una logica della gestione della cosa pubblica (e le parole di questa settimana a Repubblica di Guido Bertolaso in qualche modo lo confermano) che rifiuta regole e trasparenza. Proprio per non distruggere il patrimonio della protezione civile – conclude Anna Finocchiaro – serve chiarezza e la fine di ogni ambiguità“.

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La legge Ronchi privilegia il business di pochi a danno di tutti i cittadini

Il resoconto dell’iniziativa del PD di Cordenons a fronte dell’approvazione delle legge Ronchi sulla privatizzazione dell’acqua. I tre intervenuti – Gianfranco Moretton capogruppo regionale del PD, Marco Iob direttore del Centro di volontariato internazionale, e il sindaco di Cordenons Carlo Mucignat – hanno spiegato al folto pubblico presente le conseguenze di questa legge sciagurata che porterà l’acqua da bene primario comune, a bene privato da cui lucrare. Le foto che sono riuscito a fare purtroppo sono mosse per via della posizione instabile in cui mi trovavo, per vederle questo è l’indirizzo del set sul nostro Flickr. Di seguito invece potete vedere il filmato dell’intervento di Marco Iob, e sotto il filmato il resoconto della serata a cura del segretario di Cordenons Gianni Ghiani.
Buona lettura e buona visione.

Come recitava la locandina dell’incontro organizzato dal circolo PD di Cordenons, quelli del centrodestra “Non ce la danno a bere”. La nuova legge Ronchi è un salto all’indietro, un salto pericoloso verso l’espropriazione dell’acqua come bene pubblico fondamentale. L’acqua è di tutti e come tale è un bene universale che non può essere sfruttato per fini di lucro. Marco Iob direttore del CeVI, Carlo Mucignat sindaco di Cordenons e Gianfranco Moretton capogruppo PD in consiglio regionale lo hanno detto chiaramente: l’acqua è un bene talmente fondamentale per la vita umana e così universale che non può essere trattato come una merce qualsiasi e resa oggetto di speculazioni economico-finanziarie i cui vantaggi di pochi grandi gruppi industriali vanno a discapito di tutti i cittadini.”E’ un problema di dimensioni mondiali – ha detto Iobin cui anche gli organismi internazionali invece che fare gli interessi di tutti, soprattutto dei popoli più poveri, preferiscono privilegiare le lobbies delle multinazionali.” Ed è per questo che il libero accesso all’acqua non è ancora diventato un diritto umano sancito dall’Onu come chiesto da tutte le organizzazioni di volontariato internazionale.

Moretton, entrando nello specifico della legge nazionale, ha sottolineato con forza che ci sono voluti ben undici anni (dal 1994 al 2005) perché la “legge Galli” venisse recepita dal Friuli Venezia Giulia nella forma dell’ottima legge regionale 13/2005 che ha consentito di sistematizzare la rete e di dare agli enti locali la possibilità di una piena gestione pubblica (detta “in house”) del servizio idrico integrato. Con la legge Ronchi, invece, l’ordine delle cose viene sovvertito a favore di forti interessi privati che faranno triplicare le bollette dell’acqua ai cittadini, come già successo a Latina e ad Arezzo. Sempre Moretton ha ricordato che la legge Ronchi è frutto di una logica centralista avendo tagliato fuori dalla legittima discussione gli Enti Locali. Ecco che la Lega Nord, votando a favore della legge, ha palesemente sconfessato il suo credo federalista. Di fatto è stato violato l’art.117 della Costituzione per cui la legge sarà impugnabile per incostituzionalità.

Il sindaco Mucignat ha specificato che servirebbero grossi investimenti per rendere più efficiente la rete idrica che soffre di dispersioni, ma certamente non è dando in mano ai privati il timone che si può avere la sicurezza di un servizio migliore e a più basso costo. La legge 13/2005 va difesa strenuamente perché garantisce una gestione eticamente ed economicamente giusta delle risorse idriche attraverso il protagonismo dei Comuni.

La battaglia politica ripartirà dai consigli comunali fino ad arrivare alla raccolta delle firme per un referendum abrogativo della legge a livello nazionale.

Gianni Ghiani, segretario del PD di Cordenons

Il monopolio del bene primario

Photo by Stefano Durdy

di Giacomo Lagona

Uno dei temi che suscita molteplici reazioni in tutto il mondo è l’acqua. L’acqua è un bene primario, e come tale dovrebbe essere pubblica. Se a pranzo ci mangiamo un bel piatto di pastasciutta, non è perché il mugnaio ci vuole in salute e quindi dispone dei suoi prodotti per far la pasta: dispone dei suoi prodotti per una metodica questione di lucro. È normale che sia così.

Privatizzare l’acqua è solo una metodica questione di lucro, inutile girarci attorno.

Le privatizzazioni portano ad un aumento della qualità e dei costi finali. L’aumento è derivato dal fatto che il servizio viene reso più efficiente e quindi i costi vengono ripartiti su più livelli; l’efficienza diventa positiva quando le gestioni private eliminano gli elementi improduttivi in seno all’azienda, ma nel contempo il prodotto finale viene reso più appetibile perché migliorato a scapito però del basso prezzo d’acquisto prima della gestione privata.

Il problema maggiore è chiaramente sul contenimento dei prezzi.

In un regime di concorrenza il problema non si porrebbe perché è il mercato a creare l’offerta e quindi anche il prezzo. In regime monopolista il discorso è completamente ribaltato: il  monopolista tende sempre a guadagnarci molto di più del costo di produzione.
L’acqua è un prodotto unico, è un monopolio, ma un monopolio naturale. Privatizzare l’acqua senza aver prima creato un’ordine di garanzia che tuteli l’interesse del cittadino, è come affidare a dei fisici nucleari la produzione degli accendini bic: costerebbero dieci euro l’uno e non potremmo nemmeno sperare in un ribasso perché è in regime di monopolio.

L’efficienza delle amministrazioni di garanzia risolverebbero i problemi ma potrebbero anche crearne degli altri.

Un’amministrazione pubblica non corrotta, fa sì che il monopolio privato funzioni meglio di quello pubblico perché controllato e perché l’interesse è fondamentalmente nelle mani del privato. Un’amministrazione corrotta, invece, tende a scardinare il principio di “bene pubblico” aumentando a dismisura il prezzo finale, distribuendo la ricchezza che produce solamente al produttore e al distributore, ma non al consumatore.

Un Paese che funziona, che non è corrotto, tende naturalmente verso la prima soluzione. Un’amministrazione pubblica che funzioni e che sia efficiente, tende a mettere il cittadino sul gradino più alto, a farlo sentire tutelato e protetto perché protegge i suoi interessi. Privatizzando l’acqua senza una struttura adeguata che ci difenda da possibili corruttori, secondo voi ci mette sul gradino più alto? Ancora meglio: abbiamo un’amministrazione pubblica talmente meritevole che si può permettere di privatizzare un monopolio naturale come l’acqua?