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Gli xenofobi svedesi

In Svezia il partito dei “Democratici svedesi” (SD), estrema destra xenofoba, ha preso poco più del cinque per cento alle elezioni politiche di settimana scorsa, superando la quota di sbarramento attestata al 4 per cento riuscendo ad accaparrarsi ben 20 seggi nel prossimo parlamento scandinavo. Seimila svedesi ieri sono scesi per strada per protestare contro la politica razzista di SD con striscioni del tipo “No ai razzisti in parlamento”, “9.043.222 di svedesi non hanno votato per i Democratici Svedesi” e “Il 94.3 per cento delle persone non è razzista”.

La campagna elettorale dei SD è stata tutta centrata sull’immigrazione extracomunitaria, sull’Islam e sulla sicurezza: esattamente lo stesso tipo di campagna che a suo tempo fece la Lega e poi, in parte, copiata dal Pdl durante le politiche del 2008. La differenza sta nel fatto che i giornali italiani in questi giorni hanno puntualizzato la politica xenofoba dei Democratici Svedesi, mentre durante la campagna elettorale di due anni fa nessun quotidiano – nemmeno di sinistra, per intenderci – fece una ben che minima affermazione sulla xenofobia leghista. I temi sono uguali, i paesi diversi.

In Svezia la tv commerciale TV4 ha censurato uno spot che fa capire benissimo i temi politici di SD.

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Noi ci facciamo una finanziaria

«Quando ce n’è uno ancora ancora, quando sono molti iniziano i problemi»

Il Ministro degli Interni francese Brice Hortefeux, per questa frase razzista riferita agli immigrati magrebini, è stato condannato per “insulti privati di natura razzista” e dovrà pagare una multa di 750 euro, oltre a versare 2 mila euro al movimento contro il razzismo e per l’amicizia tra i popoli (Mrap).

Il commento di Pippo Civati è da applausi: «Da noi, con le dichiarazioni di premier e ministri, potremmo farci una finanziaria intera». E ancora ancora…

Igienisti

La titolare: «senza gli italiani il mio bar chiude, sono stati loro a invitarmi a non essere indulgente con qualche facinoroso e con quei pochissimi che vengono qui senza curare come dovrebbero la loro igiene personale»

L’Italia di Berlusconi, un paese in via d’imbarbarimento

«L’Italia è un paese normale?

L’anomalia rappresentata da Berlusconi – il fatto che concentri in sé il potere politico e mediatico, che utilizzi il Parlamento come un’azienda destinata a fabbricare leggi che lo salvino dai tribunali, che vomiti insulti sulla magistratura, che critichi continuamente la Costituzione, che riduca la politica a un cumulo di barzellette e dichiarazioni istrioniche, che porti con sé il peso dei suoi scandali sessuali – tutto questo spingerebbe a rispondere di no.

Ma c’è di più.
Ciò che colpisce, ad esempio, è il fatto che dopo essere stata considerata il laboratorio-avanguardia dell’idea di Europa, l’Italia è oggi regredita a uno status “provinciale”. La sua stessa classe politica è provinciale, viaggia poco, soltanto di rado parla inglese. Il ruolo centrale ancora attribuito alla televisione immobilizza il paese negli anni Ottanta.

Si va in televisione agghindati, tutto è intrattenimento, pubblicità, talk show urlato, sederi e pizzi, le trasmissioni di inchiesta sono rarissime e di conseguenza quelle a cui potrebbero partecipare filosofi, storici, sociologi, psicanalisti o uomini di scienza praticamente non esistono. Una sera su due, Raiuno manda in onda Porta a Porta, un talk show condotto da un giornalista dolciastro, una sorta di messa a cui partecipano sempre gli stessi leader politici, e che non è lontana dal rimpiazzare Camera e Senato. Molto di rado nelle trasmissioni politiche, sportive o di varietà compare una persona di colore.

Nuova provincia, l’Italia perde punti praticamente in ogni settore, dalla scuola alla sanità, all’ecologia, ai diritti, alla cultura (budget massacrato) e anche alla tecnologia. Di recente, dopo Bob Geldof che rimproverava il governo di pareggiare il bilancio alle spalle dei poveri, è stato Bill Gates in persona ad accusare Berlusconi (”I ricchi spendono molti più soldi per risolvere i loro problemi personali, come la calvizie, di quanto non facciano per combattere la malaria”) di aver ridotto della metà i fondi pubblici per lo sviluppo promessi davanti alle telecamere, facendo dell’Italia “il più avaro paese europeo”.

La stessa regressione a livello informatico.

Si sa che a causa del decreto Pisanu la connessione wireless a Internet in un luogo pubblico, un areoporto o un cybercafé per esempio, è sottomessa alla presentazione di una carta di identità?

Che i crediti per lo sviluppo dell’addebito immedito sono congelati dal 2008, che da parte della maggioranza si levano voci che domanda il controllo di social network come Facebook?

Che sono state firmate ovunque petizioni per “emancipare Internet” dalle norme legislative che penalizzano il futuro del paese il quale, per l’accesso alla Rete, è già “indietro e sottosviluppato rispetto al resto d’Europa”?

Berlusconi è un uomo di televisione vecchio stile, per il quale Internet è un mezzo pericoloso in quanto “liquido”, ovvero incontrollabile e fuori dal suo impero.

Ma è a livello sociale che la regressione è più netta. Berlusconi catalizza talmente l’attenzione che all’estero non si percepisce come il fatto più importante sia piuttosto una “leghizzazione” della società, che porta con sé una degradazione morale e civica, una “barbarizzazione” dell’Italia.

La Lega Nord di Umberto Bossi – il cui organo di stampa, “La Padania”, ha scritto: «Quando ci liberete dai negri, dalle puttane, dai ladri extracomunitari, dai violentatori color nocciola e dagli zingari che infestano le nostre case, le nostre spiagge, le nostre vite, i nostri spiriti? Buttateli fuori, questi maledetti» –  la Lega Nord alleata decisiva del partito di Berlsuconi ha fatto eleggere i suoi uomini, molti dei quali sono ministri, in un considerevole numero di amministrazioni locali, diffondendo i suoi valori e il suo linguaggio, ha sdoganato e reso normale il discorso xenofobo.

Ci vorrebbe la Biblioteca Vaticana per riunire ed enumerare i discorsi che incitano all’odio razziale, all’omofobia, all’anti-meridionalismo pronunciati dai suoi leader.

Che si guardino su Youtube i discorsi del signor Mario Borghezio, che si ascoltino qualche estratto dei discorsi di Radio Padania: in nessun paese sarebbe tollerato un tale strabordamento di odio, stupidità, xenofobia!

Si difendono i valori cristiani, la famiglia, il lavoro, si vuole la croce sulla bandiera italiana e il crocifisso nelle scuole ma il ministro dell’Istruzione vuole imporre una quota di stranieri nelle classi, il ministro dell’Interno ha voluto istituire ronde di sorveglianza (un fiasco colossale, fortunatamente, nessuno si è presentato per farne parte) e ha istituito come reato penale il fatto di essere uno straniero senza permesso di soggiorno.

Una piccola star della politica, capo di impresa a destra della destra, di cui si prevedeva che sarebbe diventata sotto segretario al Welfare perché nelle grazie di Berlusconi (a proposito del quale aveva detto: “E’ ossessionato da me, ma non gliela darò…” o anche “Le donne gli piacciono solo in posizione orizzontale”) si è finemente distinta per aver dichiarato che “Maometto era un pedofilo”.

Un fanatico (eletto) ci teneva a che i treni frequentati dalle ragazze nigeriane fossero disinfettati, un altro (anche lui eletto) voleva “eliminare tutti bambini rom che derubano gli anziani” e, interrotto dagli applausi del “popolo padano” ha invitato i musulmani a “pisciare dentro le loro moschee”.

Altri ancora hanno dato fuoco alle baracche degli immigrati, proposto vagoni ferroviari e linee del bus separate per Italiani e stranieri. Discriminazioni di ogni genere, aggressioni, spedizioni punitive, crimini a volte, bandiere e grida razziste nei raduni della Lega, vere e proprie cacce all’uomo nero con bastoni e fucili che per la stampa internazionale fanno evocare il Ku Klux Klan e che invece al ministro dell’Interno fanno dire: “Abbiamo dato prova di troppa tolleranza verso gli immigrati”.

Tutto ciò provoca poche reazioni in Europa. Ed è senza dubbio in questo senso che l’Italia è ancor più provincializzata: la si guarda dal lontano e dell’alto, continuando ad amarla per la sua cucina, l’arte e i paesaggi, non la si prende sul serio né nel bene né nel male. Che si immagini cosa accadrebbe nelle strade di Londra, di Parigi, di Berlino se la Lega Nord fosse un partito, poniamo, austriaco o francese e se Umberto Bossi si chiamasse Jörg Haider.

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