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Lezione di storia

Scrivo un appunto anche per rispondere ad una critica al post di qualche giorno fa su Berlinguer citato da  Tremonti.

All’articolo sul Corriere che raccontava la giornata al meeting di Rimini di Giulio Tremonti, il sottosegretario agli esteri Stefania Craxi ha risposto con l’ennesima lettera estiva per attaccare le parole del ministro dell’economia sostenendo che quel discorso Berlinguer lo avrebbe fatto in un disperato colpo di coda di fronte all’isolazionismo del PCI e alla sconfitta subita per merito dei socialisti di suo padre Bettino.

Oggi, con una lettera fortunatamente breve, Emanuele Macaluso, ex Senatore del PCI e direttore dell’Unità, risponde a Stefania Craxi con una lezione di storia.

Caro Direttore, ieri il «Corriere della Sera» ha pubblicato una lettera di Stefania Craxi critica nei confronti del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il quale aveva osato citare, nel suo intervento al Meeting di Rimini, una frase di Enrico Berlinguer tratta dal discorso del leader del Pci sull’austerità. Peccato mortale. La Craxi scrive che Berlinguer «messo ko da Craxi (Bettino) ha inventato l’austerità e il moralismo per nascondere l’isolamento in cui la sua fobia verso i Socialisti aveva condotto il Partito comunista». Ricordo agli smemorati che Berlinguer quel discorso lo pronunciò il 16 gennaio del 1977 e a quella data Craxi era segretario del Psi soltanto da sei mesi. Insomma non era cominciato il primo round e Berlinguer era già ko: quando il livore sposa l’ignoranza.

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Tremonti invoca Berlinguer

Al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, ieri è toccato al ministro dell’economia Giulio Tremonti scaldare la platea cattolica di don Giussani. Tra discorsi sull’operato del governo (ottimo, naturalmente) e lo sviluppo che non si fa per decreto, tra la necessità di «sviluppare il rapporto tra capitale e lavoro» e le tre necessità principali – famiglia, lavoro e ricerca -, il superministro economico ha spostato l’ago della bilancia sulla decrescita economica persistente in Italia citando addirittura l’ultimo grande segretario del Pci Enrico Berlinguer:

«L’austerità sostenuta da Enrico Berlinguer è un riferimento etico e politico da non trascurare, pur non condividendo tante analisi e riconoscendo che la nostra politica è diversa da quella di allora».

La citazione di Tremonti proviene da un discorso fatto da Berlinguer durante il “Convegno degli intellettuali” di Roma nel gennaio 1977, in cui il segretario comunista parlava di austerità economica e moralità del paese in quegli anni, ma riconducibili – come forza regressiva, non come forza politica – alle vicende attuali di questi anni.

Oggi il Riformista pubblica l’intero discorso di Enrico Berlinguer che vi riproponiamo di seguito. Buona lettura.

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Siete invitati ad indossare l’abbigliamento informale

La riforma sulla scuola e sull’università voluta dal ministro unico dell’Istruzione Mariastella Gelmini dovrebbe approdare a breve in Senato per essere votata. In questi giorni tutti gli atenei – dalla Sapienza di Roma all’Università di Cagliari, dalla Statale di Milano all’Università di Catania all’Ateneo di Udine- sono in mobilitazione contro il ddl Gelmini e i tagli previsti all’istruzione dalla Finanziaria di Tremonti che mette letteralmente in ginocchio le università e la ricerca. In tutto questo scempio culturale, c’è invece chi ha il coraggio di andare in un ateneo a parlare con studenti e docenti: è il premier Silvio Berlusconi e l’università scelta è l’eCampus della Cepu di Francesco Polidori a Novedrate.

Per chi fosse poco informato su cosa sia il Campus in questione, ecco un bignamino che delucida sulle attività svolte dall’ateneo brianzolo. Nato nel 2006 con decreto ministeriale dell’allora ministro Moratti, l’università telematica della Cepu è però l’unica ad aver avuto il parere negativo del Consiglio universitario nazionale (Cun) e dal Comitato nazionale per la valutazione (Cnvu).  Non solo. Poche settimane fa il Cun ha segnalato alla Gelmini molte incongruenze sul funzionamento delle università telematiche in Italia. Gli esperti del Cnvu sono attesi entro l’anno a Novedrate proprio per verificare la rispondezza dell’offerta didattica con gli standard di legge. Sul sito della Cepu e negli uffici della stessa, si vedono molti manifesti pubblicitari che invitano gli studenti ad usate la rete, ergo eCampus, per laurearsi studiando da casa ed effettuando le conseguenti verifiche ed esami stando comodamente davanti al computer.

Ma chi è a capo di eCampus? L’intricatissimo sistema societario di eCampus è oggi riconducibile a una fiduciaria lussemburghese, Jmd International Sa, di cui non è chiara la proprietà. Nelle agenzie Cepu, dove si propone l’iscrizione ai corsi di laurea eCampus, che rilasciano titoli con valore legale, si offrono anche lauree della libera università di Herisau, più volte inserita nella lista nera dei titoli falsi dal ministero dell’Università. Ma il ministro Gelmini invece di controllare come e se le università telematiche seguano l’iter ministeriale, fa orecchie di mercante invitando i prof ad andare in pensione prima.

Vi sembra possibile che il ministro dell’Istruzione non sappia come funziona eCampus? non sappia che Mr. Cepu rilascia attestati universitari senza alcun valore provenienti da atenei riconosciuti dal ministero come falsi? vi sembra possibile che con le mobilitazioni dei prossimi giorni contro i tagli alle università e alla ricerca  per la manovra di Tremonti, l’unico ateneo visitato dal Presidente del Consiglio sia proprio quello non approvato dal Consiglio universitario nazionale e dal Comitato nazionale per la valutazione? vi sembra possibile che nell’imbarazzo della scelta per le università del nostro paese, Silvio Berlusconi vada a visitarne proprio una privata?

Agli oltre 3mila iscritti all’ateneo telematico eCampus, il rettore Lanfranco Rosati in persona ha inviato una mail settimana scorsa precisando che lunedì mattina 19 luglio il campus verrà visitato privatamente dal premier Silvio Berlusconi, il quale «parlerà con studenti e docenti» e sarà un evento – sottolinea Rosati ad ogni studente telematico – «che arriccherà la tua esperienza formativa». Come dire, da non perdere. Tant’è che subito dopo l’e-mail precisa di comfermare la presenza via posta elettronica o telefonincamente e contiene persino un tassativo consiglio su come vestirsi per incontrare il premier: «Siete invitati ad indossare l’abbigliamento informale».

(Giacomo Lagona)

La soap più amata dagli italiani

Quinta puntata della soap più amata dagli italiani. Da una veloce lettura dei quotidiani di settore, scopriamo che l’aiuto-regista Donato Bruno, nel montare la puntata odierna, ha fatto qualche altro taglio qua e là:

Salta il taglio delle mini-province inserito nella carta delle autonomie. Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera e relatore del provvedimento, Donato Bruno, secondo quanto spiegano diversi esponenti dell’opposizione, ha presentato un emendamento soppressivo dell’articolo 14 del provvedimento che prevedeva, appunto, la cancellazione delle province sotto i 200 mila abitanti.

A presto con altre nuove ed esilaranti puntate della soap più amata dagli italiani

A volte ritornano

Come tutte le soap che si rispettano, c’è sempre il defunto che ricompare per rubare la scena all’attore principale. In questi ultimi giorni, il ministro Tremonti non avrà pensato ad altro che far risuscitare qualcosa che era defunto ma ancora nei cuori dei telespettatori italiani: l’abolizione delle province.

La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha appena approvato un emendamento alla Carta delle Autonomie che reintroduce il taglio alle piccole province lasciate in sospeso appena una settimana fa. Il ministro dell’economia non ci avrà dormito la notte, e appena se ne è presentata l’occasione ha tirato fuori dal suo cappello i voti favorevoli di Pdl e Lega facendo in modo che l’emendamento in questione passasse. Al momento si sa davvero poco sulle nuove norme, ma quel poco pare abbia a che fare solo con quattro delle dieci province lasciate sospese la scorsa settimana.

L’emendamento è differente della volta scorsa, infatti la norma prevede “l’abolizione di tutte le province con meno di 200mila abitanti, non facenti parte di regioni a statuto speciale, e con territorio “montano” inferiore al cinquanta per cento. Nel caso fosse oltre il 50 per cento, la soglia si abbassa a 150mila abitanti”. Ricapitolando, le province con meno di 200mila abitanti non a statuto speciale sono le seguenti: Isernia, Rieti, Verbano-Cusio-Ossola, Vibo Valentia, Crotone, Vercelli, Fermo, Sondrio e Biella. Da questa lista bisogna però togliere le province con territorio montano oltre il 50 per cento e superiori a 150mila abitanti: Rieti, Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Crotone e Sondrio. Ne rimangono, appunto, solo quattro: Isernia, Vibo Valentia, Vercelli e Fermo.

Siamo alla quarta puntata della soap tutta italiana “A volte ritornano”, e chissà il regista Tremonti quante puntate vorrà ancora farci vedere…

Le province non diminuiscono, aumentano!

Settimana scorsa c’è stato tutto un chiacchiericcio sulla (remota) possibilità che dieci province venissero abolite con l’approvazione della manovra economica appena varata dal governo. Secondo le prime indiscrezioni le dieci province abolite sarebbero state Biella, Vercelli, Massa Carrara, Ascoli Piceno, Fermo, Rieti, Isernia, Matera, Crotone e Vibo Valentia. Stasera su Report, il programma di Milena Gabanelli in onda su Raitre alle 21.30, si cercherà di spiegare – o di tenterà di farlo, tanta è ingarbugliata la vicenda – come invece di diminuire le province italiane aumenteranno:

Nel 2007 i commissari delegati si stavano occupando della costituzione delle nuove Province di Fermo, Barletta-Andria-Trani. Stavano organizzando il trasferimento del personale della provincia madre, e degli uffici statali: la Prefettura, la Questura a i vari Ministeri. Per ogni nuova provincia la spesa prevista era di 50 milioni di euro. Nella piccola provincia di Barletta Andria Trani, con tre capoluoghi, c’erano problemi sull’ubicazione della Prefettura, tutto era bloccato. A tre anni di distanza come è andata a finire? Sia Fermo che nella BAT ci sono state le elezioni e sono stati eletti i consigli e le giunte. Il patrimonio della provincia di Ascoli e di Bari è stato diviso in proporzione con le nuove province, ma non tutto è filato liscio, così come per il personale costretto a trasferirsi nelle nuove province.

La manovra economica sta diventando il vaso di Pandora dove metterci tutte le schifezze che i parlamentari del Pdl vogliono sanare, come il “condono edilizio per necessità” scoperto ieri.

(di Giacomo Lagona)

Bersani smentisce Berlusconi

Il segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani, sulle pagine del suo profilo su Facebook, ha pubblicato un video che smentisce categoricamente le parole del premier ieri sera a Ballarò. La memoria, a volte, fa dei brutti scherzi ad una certa età.

Fa parte della manovra

di Giacomo Lagona

Nella manovra economica appena descritta dal governo, una parte saliente del taglio alla spesa pubblica è l’eliminazione delle province. Lo avevano promesso in campagna elettorale ed infatti – dopo due anni – Berlusconi e i suoi hanno deciso di abolire sei enti provinciali in surplus: Asti, Massa Carrara, Biella, Vibo Valentia, Fermo e Rieti.

Ma perché solo sei e non tutte o buona parte di esse? Stando a quanto scrive l’Ansa, le province che verranno “abbattute” sono quelle «con meno di 220mila abitanti, che non confinano con Stati esteri e che non sono nelle regioni a Statuto speciale». In una lista che girava stamattina, c’erano conteggiate anche Matera Crotone e Isernia, quindi si arrivava ad un totale di nove province più quella di Ascoli, che essendo limitrofa a Fermo, pare che delle due se ne faccia una. Inoltre, seguendo il ragionamento di Antonio Sgobba, Isernia e Matera verranno lasciate perché sia il Molise che la Basilicata hanno due sole province e con i tagli diverrebbero mono-provinciali. Quasi lo stesso discorso si profila per la Calabria della quale verrà abolita solo una provincia su due in lista.

Facendo un rapido calcolo, le province con meno 220mila abitanti da abolire erano 24, ma togliendo le regioni a statuto speciale (FVG, Trentino, Val d’Aosta, Sicilia e Sardegna) e le province confinanti con stati esteri (in Liguria, Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli e Trentino), rimangono in realtà solo Asti, Matera, Ascoli, Massa Carrara, Biella, Crotone, Vibo Valentia, Fermo, Rieti e Isernia. Se togliamo le quattro per i motivi citati sopra, le rimanenti sei città vedranno accorpati gli enti provinciali a quelli più vicini.

Rimangono i dubbi per alcune province rimaste di cui si inizia a pensar male: Sondrio città natale di Tremonti; Lodi (appena diventata leghista) con 225mila abitanti; Terni con poco meno di 223mila. E poi quelle con meno di 220mila residenti: Aosta, Vercelli (unica città confinante con la Svizzera: Alagna Valsesia), Imperia, Sondrio, Verbano-Cusio-Ossola, Belluno, Gorizia, Pordenone, Enna, Oristano, Nuoro, Olbia-Tempio, Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, ecc. ecc.

In questo momento in tv Berlusconi sta spiegando la manovra e sta dedicando molto tempo nel dire che sono 24mld presi ai falsi invalidi, agli evasori fiscali e agli stipendi dei dipendenti pubblici, che l’ennesimo taglio agli enti locali i quali si vedranno ridurre notevolmente – quasi non fossero con l’acqua alla gola già ora – il loro ben misero budget.

Già lo sappiamo, con le cinque province abolite il governo metterà nel paniere l’ennesima promessa mantenuta perché tanto a pagare saranno sempre i soliti fessi. Ma tant’è…

Aggiornamento ore 21.30. Sul sito del Ministero dell’Economia è riportata la lista dei tagli di questa manovra. Alcuni spunti aperti in questo post:

Enti inutili
Sono soppressi una ventina di enti tra i quali i seguenti enti previdenziali: Ipsema, Ispesl e Ipost. I primi due confluiscono nell’Inail, il terzo nell’Inps. Sono soppressi anche Isae, Eim (Ente italiano montagna) e l’Insean (Istituto nazionale per studi e esperienze di architettura navale) con accorpamento ai ministeri di riferimento. Sono soppressi anche l’Ias (Istituto affari sociali) che confluisce nell’Isfol e l’ Enappsmsad (Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici), che confluisce nell’Enpals.
Il Comitato per l’intervento nella Sir è soppresso dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il relativo patrimonio è trasferito a Fintecna. I proventi derivanti dalla liquidazione degli enti disciolti sono destinati al fondo per il finanziamento della partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali di pace.
Le società pubbliche non quotate in perdita per tre esercizi consecutivi non possono ricorrere ad aumenti di capitale, trasferimenti straordinari o aperture di credito.
Enti inadempienti
Verrà meno il finanziamento pubblico per circa duecento enti che non hanno risposto alle richieste di informazione inviate nei mesi scorsi per conoscere l’utilizzo dei finanziamenti a carico del bilancio dello Stato.
Province
Sono abolite 10 piccole Province (con meno di 220.000 abitanti, non ricadenti in regioni a statuto speciale)

Il testo non riporta quali siano queste province, ma ad intuito sembrano quelle circolate stamattina – Matera, Isernia, Biella, Rieti, Massa Carrara, Crotone, Fermo – più alcuni dietro front come Asti e Sondrio, e l’accorpamento di Fermo nuovamente ad Ascoli Piceno. Nel frattempo il Corriere intervista alcuni presidenti rivoltosi e le accuse volano a destra e a sinistra.

Aggiornamento ore 21.40. Le province abolite sono in Piemonte Biella e Vercelli; in Toscana, Massa Carrara; nelle Marche, Ascoli Piceno e Fermo; nel Lazio, Rieti; nel Molise, Isernia; nella Basilicata, Matera; in Calabria, Crotone e Vibo Valentia.

Aggiornamento ore 21.50. Il Corriere in un flash riporta la marcia indietro di Tremonti: «Non ci sarà nessuna abolizione. Per eliminare tutte le province occorrerebbe cambiare la Costituzione»
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