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Domani il voto di fiducia al “processo lungo”

Domani dalle 9 nell’aula del Senato ci saranno le prime dichiarazioni di voto, e dalle 10 comincerà il voto di fiducia per il ddl “Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo”, più semplicemente definito “processo lungo” o “legge allunga processi”.

Perché il provvedimento viene chiamato “processo lungo”? Spiegarlo è un attimo.

Il primo firmatario al disegno di legge 2567 è la senatrice Carolina Lussana della Lega Nord. Inizialmente prevedeva il divieto di ricorrere al giudizio abbreviato – cioè alla possibilità di avere uno sconto di pena sveltendo il processo – per i reati punibili con l’ergastolo, durante l’esame della legge, però, sono successe due cose che rendono ad personam il suddetto decreto.

La prima è successa in commissione Giustizia del Senato quando il senatore Franco Mugnai, del PdL, ha inserito nel testo altre due norme: la prima fornisce alla difesa la possibilità di sentire un numero infinito di testimoni fino allo stop imposto dal giudice. La seconda stabilisce invece che non si possano utilizzare come prove fatti accertati con sentenze definitive in altri procedimenti.

L’altro fatto che rende il ddl a favore del premier è successo quando il governo ha posto la questione di fiducia sul decreto che per definizione è parlamentare.

Naturalmente l’opposizione, con il Pd in testa, protesta facendo ostruzionismo già da ieri quando sono stati inseriti le due norme di Mugnai. Oggi il senatore Zanda, del PD, in aula mentre si dibattevano i tempi per il voto, ha definito la legge “schifosa”. Se pensiamo poi che anche Francesco Rutelli dell’Api, solitamente più pacato, dice che la legge “rappresenta perfettamente la fine di questo regime”, siamo al parossismo delle leggi a favore del presidente del Consiglio.

Sulla questione della fiducia la Presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro ci è andata giù molto dura: “Se il governo si assume la grave responsabilità di mettere la fiducia su un provvedimento di natura parlamentare come quello sul processo lungo, è necessario che il neo-ministro della Giustizia Nitto Palma venga subito in Senato a spiegare il perché. Una decisione del genere, assolutamente ingiustificata non si spiega se non con la necessità di salvare il Presidente del Consiglio da uno dei suoi tanti processi. È una cosa inaccettabile. E tutto questo avviene nel silenzio più totale e nel totale asservimento della Lega ai bisogni del Presidente del Consiglio, Berlusconi. In una situazione del Paese gravissima, testimoniata anche oggi dalle notizie sulla Borsa in cui servirebbe un clima politico positivo e costruttivo, ci troviamo invece di fronte a un governo e una maggioranza di irresponsabili che, per gli interessi di un premier disperato, ancora una volta umiliano il Parlamento, la Giustizia, il nostro Paese“.

Insomma, per l’ennesima volta il governo se ne frega dei problemi del paese per pensare solo a quelli del suo leader.

Il voto di fiducia verrà trasmesso in diretta streaming su pdcordenons.it dalle 9 di domani.

Ci vediamo di là, o sul sito del Senato se qualcosa va storto.

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Si è dimesso il ministro del nulla

Il ministro del nulla, Aldo Brancher, si è dimesso. Non si sa bene da cosa, visto che le deleghe non le conosce nemmeno lui, però si sa bene il perché: evitare il voto di sfiducia alla Camera che aveva chiesto il PD.

Il passo indietro di Brancher non servirà a salvare il governo dalla palude. Enrico Letta, vicesegretario del PD, ha evidenziato come le contraddizioni in seno alla maggioranza stiano “esplodendo” mentre Bersani ha lanciato un avvertimento: “Se non ce la fanno, bisogna pensare a qualche altra ipotesi. Ghe pensi mi non è la medicina, è la malattia“. Se non sono in grado di governare, insomma, la palla deve passare al Quirinale.

Aldo Brancher, non è più ministro, si è dimesso anche se non sappiamo da cosa, visto la mancata pubblicazione delle deleghe nella Gazzetta Ufficiale, prima di arrivare al voto sulla Mozione di sfiducia nei suoi confronti, in calendario alla Camera il prossimo 8 luglio, sottoscritta da tutti i deputati del Pd e dell’Idv.

Non ha voluto rischiare di far cadere il governo, il fido ministro, perché questo sarebbe potuto accadere se ci fossero state delle “defezioni” da parte della sua stessa maggioranza. E, cosa alquanto singolare, ha annunciato le proprie dimissioni dall’aula del tribunale in cui è in corso il processo nel quale è imputato insieme alla moglie.

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